Pierluigi Congedo: "Emiliano aveva promesso di intervenire e di trovare una collocazione diversa per il terminal di idrovolanti di Santa Maria"

Un'intervista ampia ed articolata, da leggere con attenzione perchè di stringente attualità, visti i recenti accadimenti, al professor Pierluigi Congedo, l'uomo che donò alla città di Nardò e a sue spese il giardino della memoria.

 

Comincio questa intervista ringraziandola. Come giornalista e come cittadino di Nardò. La ringrazio per l’esempio e l’amore che Lei ha dimostrato nei confronti della vita. La sua battaglia a difesa di quel lembo di costa, del sacrario e della memoria collegata alla Shoah mi ha appassionato. Mi è parsa una lampo nel buio. Le idee, a volte, quelle giuste, si scontrano con la protervia…

 

La ringrazio per queste parole di pace e positive, perché facilitano la risposta in questo momento di tristezza, dopo avendo visto le foto dell’intervento con ruspe alle 7 del mattino di martedì scorso, non appena emerso il risultato elettorale in cui veniva riconfermato, con voto sorprendentemente elevato, il sindaco uscente. Per ricalcare la sua domanda, ritengo che l’idea dell’ottobre 2010, a pochi mesi dalla scomparsa di Ottfried Wiesz, ebreo americano di Boston di origine viennese, che era stato ospitato nella nostra casa nel 2004 dopo essere stato a Santa Maria dal 1945 al 1947, di offrire all’agenzia del Demanio, cui apparteneva quello sterrato, una serie di piante che erano state espiantate da un nostro terreno in vendita a Galatone, dedicando l’agave maggiore, oggi probabilmente ventennale, proprio a lui, non fu una idea cattiva. 

Avevamo sotto gli occhi un rettangolo di 2000 mq chiuso al traffico veicolare dal 2008, a seguito di una ordinanza regionale del 2007 (Vendola) che vietava l’accesso delle auto al di là delle strade litoranee, proprio per preservare il territorio costiero dal parcheggio selvaggio, tipico purtroppo del Salento, e non solo. L’area era accatastata come “sterile”, adibita per alcuni anni a deposito di sei campane di rifiuti debordanti e a ricettacolo di immondizia e discarica occasionale sulla scogliera. Si sommavano quindi due idee, quella di riqualificare un’area ripulendola e piantumandola con piccole piante prese in concessione anche dal vivaio regionale e da donazioni e, contemporaneamente, dedicando lo sforzo a ricordo di un fatto storico ben preciso: il passaggio nel 1943/1947 di qualche migliaio di rifugiati dal centro ed est Europa a causa delle devastazioni causate dalla guerra mondiale proprio nel Displaced Persons Camp n. 34 di Santa Maria al Bagno, ricordando non solo Ottfried (Freddy)Weisz che avevo avuto la fortuna di ritrovare invitandolo a Milano e a Santa Maria, ma anche le centinaia di persone che sono passate dalla nostra casa, prospiciente quel rettangolo, e a Santa Maria più in generale.

Weisz era quel bambino che mio padre, oggi 84 enne, ricorda di aver visto giocare a pallone in quel campo. Lui, galatonese, ‘sfrattato’ dalla casa estiva dei suoi nonni, requisita dalle forze UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), per quattro anni. Una sorta di riconciliazione positiva, verde, con il passato, doloroso per tutti, per la cattiveria e le colpe di pochi. Aggiungo una nota di contesto, importante. Dal 2005 mi ero trasferito a Londra per lavoro e studio al King’s College. Proprio nel 2009 il mio professore di riferimento, uno dei maggiori nomi del diritto antitrust a livello mondiale, aveva fatto piantumare un bosco di circa 500 aceri, ed io stesso gli avevo donato un piccolo acero canadese rosso.A Londra negli ambienti accademici si parlava del bilanciamento tra attività umana e impatto sulla curva di Keeling (linea che indica l’emissione di CO2 nell’aria e impatto sul cosiddetto ‘effetto serra’), ed era quindi naturale per me tentare di riportare il verde in un luogo amato e trascurato da 60 anni, a livello simbolico. Ero consapevole, per averle viste negli Stati Uniti e nel Regno Unito, delle mappe sulle aree a rischio desertificazione in Europa.

Il Salento era la prima area ‘rossa’ d’Italia, a partire dal 1985, quando il monitoraggio dell’innalzamento della temperatura è iniziato a livello ONU (IPCC). Nardò all’epoca era commissariata. Io scrissi e interagii con il dirigente dell’epoca dell’agenzia del demanio, l’ottimo ingegnere Massimo D’Andria, che testualmente mi disse ‘è la prima volta che qualcuno mi chiama per donare qualcosa allo Stato’. Ho la corrispondenza di quel periodo. Parallelamente scrissi al Commissario prefettizio di Nardò. Si tenga presente che il primo impianto era composto di una quarantina di piante, molto giovani. La notte del 6 novembre 2011 il Giardino venne completamente vandalizzato. Ignoti, con le cesoie, tagliarono a livello del suolo i ginepri fenici, i lentischi. Rubarono agavi e palme. Quel giorno, quando mi arrivò la notizia a Roma, ero davvero devastato, molto più di oggi. Ebbi una meravigliosa risposta dal Comune, il sindaco Risi in persona, le persone addette alla gestione della ‘memoria’, come la dottoressa Cacudi, e molti altri (compreso l’allora consigliere di opposizione di Andare Oltre, Giuseppe Mellone) offrirono di ripiantumare il giardino devastato.

Così in occasione della Giornata della Memoria 2012, previa delibera comunale, si stabilì di ripiantumare e inaugurare il Giardino dell’Accoglienza del DP Camp UNRRA n. 34 (prima denominazione adottata, visto peraltro che avevo scoperto io, nel 2002, che Santa Maria era ricompresa nella lista delle autorità alleate del 1943 con quella denominazione e numero progressivo), con tanto di autorità del luogo, targa, e taglio del nastro, con le braccia e la volontà degli studenti IDISU di Lecce (tra cui il giovane Giacomo Cazzato oggi bravo sindaco di Tiggiano, la professoressa Francesca Lamberti e il professor Fabrizio Lelli, rispettivamente docente di diritto romano e docente di storia e letteratura ebraica). Io, al contrario, dal gennaio 2011 ero docente di diritto antitrust ad Anglia Law School di Cambridge. In altri termini fu iniziativa spontanea, concordata con le autorità dello Stato e del Comune, mossa dalla volontà di rendere qualcosa alla terra che mi aveva infondo generato (pur essendo nato a Perugia, da mamma trentino-bolzanina). Mai avrei immaginato che dieci anni dopo avrei dovuto lottare per quasi due anni per salvare quell’ex parcheggio di camper diventato paradiso terrestre dove ho visto tornare, in autunno e primavera, aironi e cormorani, fiori di malva, bambini e famiglie.

Nella Città in cui dormo hanno già asfaltato parte del giardino della Memoria. Un’iniziativa solidale e generosa frutto dell’impegno suo, di docenti e studenti. Un oltraggio che Lei ha cercato di sventare in ogni modo. Il sindaco è stato irremovibile?

Premettiamo che l’area non è stata asfaltata, anche se è vero che da alcune foto sembra che sia già stata fatta una colata di cemento. In realtà nella parte designata per l’installazione del terminal di idrovolanti (circa 400 mq sui 2000 mq complessivi del rettangolo già dedicato, integralmente, a Giardino della Memoria da due delibere comunali, nel 2012 e 2019) sono state asportate le piante esistente e sversato materiale per livellare la zona su cui installeranno i manufatti amovibili a fine stagione (per espressa prescrizione della soprintendenza) del terminal.

Quanto al negoziato con il Comune, ci sono stati moltissimi tentativi, un accorato appello di Jakob Ehrlich, sopravvissuto all’Olocausto che vive a Miami, che invocò il salvataggio del giardino (“please do notdesecrate the MemorialGarden”), anche da parte della Comunità ebraica di Roma, persino del governatore della Puglia, del senatore Emanuele Fiano, di diplomatici, osservazioni scritte di Italia Nostra nazionale e locale, una interrogazione parlamentare del deputato Massimo Ungaro, molti articoli di giornale, un dettagliato rapporto delle ‘anomalie’ registrate sulla rivista di rango nazionale Galileo (rivista dell’ordine degli ingegneri di Padova). Tuttavia io posso dire che, anche quale presidente del Comitato a difesa della marina e del Giardino della Memoria di Santa Maria al Bagno, non sono stato invitato alla riunione della Consulta per l’Ambiente (parte della Conferenza dei Servizi, convocata dall’oggi al domani), non ho potuto prendere visione della lettera di convocazione della stessa conferenza dei servizi, sono stato invitato dalla Soprintendente a tre giorni dalla fine della conferenza stessa, nonostante da febbraio chiedessi un appuntamento.

Ovviamente non sono mai stato invitato al Comune a discutere possibili soluzioni alternative, con 22 km di costa disponibile, o a discutere come salvare il salvabile (martedì scorso le piante sono state estirpate con le ruspe). Siamo stati costretti come Comitato e come privati donanti del Giardino a ricorrere al TAR, purtroppo perdendo sulla base del principio che “il Comune può individuare l’area più idonea all’installazione di un’opera pubblica”. Posso dire, in totale onestà, di essere stato ignorato completamente, che sono state ignorate tutte le persone che hanno tentato di difendere il giardino, che sono state ignorate le decine di persone che fanno parte del Comitato a difesa della costa. Ignorate le più di 2500-3000 firme raccolte. Ignorati gli abitanti di Santa Maria al Bagno e di Nardò che non hanno potuto nemmeno vedere il progetto fino al 13 settembre 2020, a conferenza dei servizi già avviata da un mese. Non c’è stato dibattito pubblico, non c’è stata una conferenza pubblica o manifesti di invito a discutere il progetto.

Un regolamento comunitario (1303/2013) prevede espressamente che siano apposti pannelli sul posto dove si intende realizzare un’opera finanziata con soldi eurounitari. E’ comparso una settimana dopo la sentenza del TAR che ormai dava loro semaforo verde. Al contrario, devo purtroppo ricordare che all’indomani della visita del Sottosegretario Scalfarotto al Giardino della Memoria, venuto di sua spontanea volontà in occasione del suo tour elettorale regionale a fine agosto 2020 e non da me invitato, sono stato pesantemente insultato sul sito del Comune di Nardò e sui social network riconducibili al Comune, come nemico di un progetto di interesse collettivo (il terminal di idrovolanti), ad esclusivo vantaggio della difesa della propria vista ‘fronte mare’. Un insulto gravissimo, considerando che avevo dedicato dieci estati della mia vita ad offrire un dono del valore, oggi, di diverse decine di migliaia di euro ad una città dove peraltro non vivo stabilmente. Io risiedo abitualmente a Londra e a Roma, dove insegno all’università.

Non so, anzi, se nel futuro continuerò a venire nel Salento, essendo peraltro un amante delle montagne e dei viaggi in Europa.Ritengo che quella pagina, quella del comunicato dal Sindaco, sia stato il punto più basso dell’intera vicenda e forse uno dei più dolorosi della mia vita. Ingiuria che tecnicamente può portare alla revoca della donazione, contratto tra due parti (donante e demanio e Comune). Se penso che le piante della parte sud del Giardino sono ora scomparse o sono state divelte dalle ruspe, in effetti avrei fatto bene a chiedere la restituzione di quelle piante per poterle offrire a qualche ente pubblico o privato in Italia. Cosa che non escludo di fare per la parte restante del Giardino, qualora dovessero riprendere gli espianti fuori dalle prescrizioni precise della Soprintendenza che, forse grazie al mio intervento, almeno ha prescritto di salvare le piante più antiche sul lato sud del Giardino e la rimozione, fuori dalla stagione estiva, dei manufatti perentoriamente amovibili e non cementati nel suolo.

E’ stata una campagna elettorale vergognosa con lenzuolate di 6 X 3 ed una grancassa, quella della propaganda, ossessiva, nauseante, costosissima (E’ costata migliaia di euro) lunghissima (Praticamente da quando l’amministrazione si è insediata) e vergognosa. Sono stati monopolizzati e presidiati tutti gli spazi. Che però ha sortito gli effetti sperati. Casapound tra le liste più suffragate. All’opposizione sono andate le briciole…

Da accademico e amante del diritto puro preferisco non entrare in politica, non ho simpatia per gli estremismi ideologici, di destra e di sinistra, mentre per mia natura sostengo le parti più deboli contro la cosiddetta ‘dittatura della maggioranza’. John Nash invitava i suoi alievi a non occuparsi di politica “perché non razionale come la matematica”. Il mio Ph.D. britannico è sull’abuso di posizione dominante e si intitola “I vincitori non puniscono, cooperano (e, possibilmente, innovano)”, titolo derivante da un articolo pubblicato su Nature alcuni anni fa di Novak (MIT), allievo proprio di John Nash, padre della ‘teoria dei giochi’ e Nobel per la matematica. Per questo mi sono sentito di ringraziare Risi e Siciliano per l’aiuto dato nel cercare di difendere il Giardino. Mentre pochi giorni prima del voto ho augurato ai neretini di votare i migliori, gli ‘aristoi’ nel senso platonico del termine (la Repubblica). E mi sono permesso di supportare la new entrant Stefania Ronzino (non eletta per pochi voti) di cui condivido la battaglia a difesa dei beni comuni. Parentesi: durante tutta la campagna elettorale, ci tengo a precisarlo, non ho scritto alcun articolo riguardo la sentenza del TAR o avverso cosa avessi sperimentato sulla mia pelle durante il periodo che va dalla comunicazione che sul Giardino sarebbe stato installato il terminal fino alla sentenza. Sono stato sul posto pochi giorni a fine agosto e mi sono tenuto deliberatamente fuori dalla battaglia elettorale, pur potendomi candidare. Tornando al mio impegno nel pubblico, in questi anni sono stato vice presidente di Italia Nostra nel nord del Lazio. Proprio giovedì 14 ottobre a palazzo Firenze riceverò un riconoscimento internazionale per l’avvocatura a difesa dei beni comuni (premio Antonio De Ferrarsi detto il Galateo, VIII edizione).

Vede, a Londra non ho mai visto eccessi anche nelle campagne elettorali più accese. Si vota a metà settimana, tornando dal lavoro. Si può votare via posta, non c’è la possibilità del contrasto, anche se negli ultimi anni, soprattutto dopo Brexit, ho assistito con stupore a discussioni all’interno del Parlamento e all’omicidio del deputato europeista JoCox.E’ una democrazia nata dagli eccessi della Gloriosa rivoluzione del ‘600. E’ uno stato che ha visto una guerra civile, diviso tra protestanti e cattolici. Tuttavia il Parlamento è un bastione di civiltà dove a tutt’oggi non ho mai sentito le parole aggressive che purtroppo da vent’anni sono diventate la prassi, dentro e fuori il parlamento italiano. Sono amico di famiglia della figlia di Alcide De Gasperi, ho conosciuto la moglie dello statista, persone di mitezza e bontà straordinarie nel quadro della politica italiana. Si immagini quali sono i miei modelli politici. Ho vissuto l’esperienza della eradicazione delle piante e spartizione del Giardino come un affronto al ricordo della Memoria e alla natura, ma mi sono dato la risposta che Thomas More diede a sua figlia Elisabetta nella famosa lettera dal carcere (la Torre di Londra, dove verrà decapitato): “Nulla accade che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio”.

Professore, in democrazia vince la maggioranza, ma quando si parla di scelte, di rispetto per la memoria e per la legalità, di cosa sia giusto e cosa no, l'evidenza dei fatti è quella che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione…

Un mio Maestro all’università dove oggi insegno (Luiss Guido Carli) nelle lunghe conversazioni che mi hanno formato all’analisi del diritto ma anche dei comportamenti umani, mi diceva sempre che è “il tono che fa la musica”. Possiamo e dobbiamo affidarci alla maggioranza, in democrazia. Anche un solo voto determina la scelta del leader. Si può rispettare la legge pur rendendola di fatto inefficace rendendo difficile o impossibile l’interazione con gli enti pubblici (l’accesso agli atti). Si può arrivare a minacciare, più o meno velatamente, azioni amministrative, civili e persino penali. Così come, al contrario, si può promettere di non toccare il Giardino, di valorizzarlo. La verità è che oggi uno degli accessi all’area del Giardino è di fatto aperto al traffico veicolare. Che quando mi sono recato a vedere la zona di recente, con un’amica della Comunità ebraica di Roma, mi sono vergognato per lo stato di degrado e abbandono in cui l’ho ritrovato. La comunità ebraica aveva più volte scritto e chiamato sollecitando la salvaguardia di quel posto.

Sono ripartito dalla Puglia più amareggiato per questo affronto alla memoria e alla stessa donazione fatta, che per la sentenza del TAR o per le ruspe di martedì mattina. La domanda è “perché” punire una famiglia, originaria del luogo ma di fatto forestiera, perché viviamo a migliaia di chilometri da Nardò, che ha solo cercato di migliorare un tratto di costa, di dimostrare ai giovani, ai ragazzi, che una sola persona può cambiare lo squallore e il degrado di una larga parte del nostro Sud Italia. Per me il legame con il Salento oggi è molto compromesso. Io che ho raccolto migliaia di documenti proprio a Londra, a spese mie, relative a quel periodo della storia locale. Un fatto decisivo nella mia formazione fu un viaggio a 22 anni a Washington da una mia zia nata a Galatone, moglie di un ufficiale di collegamento quando il Re Vittorio Emanuele III scese a Brindisi da Roma nel 1943, poi diplomatico negli USA, di origine trentina. A colazione si parlava di una frase della moglie del presidente americano Johnson, successore di Kennedy, lady Bird. Disse agli americani: “adottate la vostra strada, il vostro marciapiedi, il vostro ‘block’, isolato di case; tagliate l’erba, piantate fiori, abbellite la vostra terra”. Era sulla falsariga della frase del presidente assassinato a Dallas “non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”. Qui sto dicendo quali sono i paletti culturali in cui sono cresciuto, e ancora non ho accennato all’eredità culturale e di valorio che ho ricevuto, grazie ai miei, dalla seconda guerra mondiale.

L’idrovolante al posto del giardino della memoria: chi vince e chi perde?

Per ora una parte considerevole del Giardino della Memoria è salva, anche se abbandonata a se stessa da due anni, dalla cerimonia della Memoria del 2020 dove cortesemente venni informato del progetto di installare il terminal di idrovolanti. Il terminal, salvo il ricorso al Consiglio di Stato o sorprese, si farà nella parte sud e comporterà l’installazione di passarelle in legno e pontili sulla scogliera. Uno specchio di mare di 800,000 mq verrà interessato dalle operazioni di ammaraggio (tavola 7 del Comune di Nardò ricevuta dalla Capitaneria di Porto il 16 novembre 2020, non credo che sia stata pubblicata ma è richiedibile). Da un punto di vista legale, ha vinto il Comune. Ma, come indicato, il progetto presentato alla Soprintendenza non riportava le foto delle piante, nelle relazioni non ci sono parti che spieghino che colà vi fosse un giardino della Memoria approvato da ben due delibere comunali, donato da privato. La stessa Soprintendente mi disse che a lei il Giardino non risultasse proprio, non essendo stato notificato dalla Prefettura su impulso del Comune (ancorché io nel 2010 avessi scritto al Commissario prefettizio dell’epoca, amministratore pro tempore del Comune di Nardò), né alla Deputazione di Storia Patria locale, come previsto da una legge del 1934. Cosa potevamo fare di più se per mesi nessun giornale locale ha spiegato alla popolazione cosa stesse accadendo? Solo la Repubblica di Bari e delle testate on line locali hanno provato ad informare la popolazione. La giornalista Claudia Stamerra su “Babele” di Enzo Cozzolino sul dialogo interreligioso a Radio Rai 1 ha intervistato la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni e me, nel novembre 2020. Si sente che la mia voce era commossa nel ricordare l’amico Weisz, che vide arrestare e deportare l’intera sua famiglia ad Auschwitz. Oggi posso dirle, con la presa di distanza emotiva e razionale da quel periodo e forse anche da quel luogo che, all’indomani del comunicato stampa del Comune contro di me, ho pianto, pensando a cosa può arrivare la volontà di manipolazione dei fatti e la propaganda politica. Mi sono limitato ad inviare una diffida formale ma, trovandomi in piena conferenza dei servizi con il tempo limitato, non ho né replicato sui giornali né sporto querela come avrei potuto fare, per non perdere tempo prezioso. Era più importante salvare le piante (e per ora sono riuscito a salvarne moltissime, considerando che sono oltre 200) e la destinazione del luogo.Anche se il 27 gennaio 2021 il sindaco ha annunciato che l’area verrà dedicata a Vittorio Perrone, scomparso pochi giorni prima, persona buona e mite, mio amica, che aveva persino piantato un pino nella giornata della memoria 2019 (seccatosi a giugno dello stesso anno per mancanza di acqua, più volte richiesta da Londra…). Vittorio non avrebbe mai e poi mai voluto una cosa del genere, amico com’era delle persone cui il giardino è dedicato: ai rifugiati del DP Camp no. 34, immortalati nelle lunghe file di agavi, piante resilienti e resistenti a tutto, coperte di spine. Come le lunghe file all’appello nei campi di sterminio e di lavoro.

Nel museo della memoria si tiene il mercato. Le pare un provvedimento logico e rispettoso della rilevanza del luogo?

Assolutamente ridicolo e fuori luogo. Provo ad immaginare qualcosa del genere a Milano, Berlino, Washington. Ci sarebbe stata una rivoluzione sulla stampa, al punto di far dimettere l’assessore alla cultura e forse anche il sindaco di quelle città…

Senta il presidente Emiliano, che è anche un magistrato in aspettativa, ha chiesto al sindaco di Nardò l’abiura rispetto alle note simpatie del primo cittadino per il ventennio? Che ne pensa?

E’ una richiesta molto tardiva e che non ha avuto alcun effetto, mi sembra. Anzi, ha dato la possibilità al sindaco di spiegare il suo punto di vista, rafforzandolo. E qui vorrei dire qualcosa di personale. Il sindaco ha risposto che è nato nel 1984 (io nel 1967) quindi molti anni dopo il fascismo. Che non può essere stato influenzato quindi da quel periodo storico. Non solo, ha detto che suo nonno non aveva un’opinione negativa del fascismo. Vorrei qui spiegare il mio contesto, per quanto possa contare. Mia nonna muore il 2 luglio 1944 a seguito delle ferite riportate nel bombardamento del ponte di Caliano sull’Adige, Trento, del maggio ’44. Il fratello di mio nonno, ufficiale del reggimento Granatieri Savoia con il duca Amedeo d’Aosta, muore tre giorni dopo la resa dell’Amba Alagi, a 33 anni, per ‘nefrite’… gli inglesi avevano avvelenato l’acqua. Un prozio di mia madre, poi presidente della provincia autonoma di Bolzano nel dopoguerra, già segretario generale di Merano fino al 1931 viene trasferito ad Assisi dal fascismo e sostituito da un prefetto foggiano perché troppo a sostegno della minoranza linguistica tedesca. A settembre1943 è tra quelli che cerca di aiutare gli ebrei, tra i suoi clienti nel Credito Meranese. Da Merano vengono deportati i primi 16 ebrei d’Italia. Tornerà nel 1945 una sola donna, sua vicina di casa. Il mio bisnonno trentino invece aiuta i partigiani dell’unità Vital sul Brenta portando in salvo sulla via del Tonale e della Svizzera un ufficiale americano paracadutatosi sulla Paganella dopo la caduta del suo aereo con altri 10 membri di equipaggio. Sono in contatto con i figli di quei partigiani e ho parlato nel 2016 con l’ultimo aviatore sopravvissuto. I genitori dei miei amici sono stati in contatto con giovani torturati e fucilati dai Nazisti. Sono cresciuto in una casa dove da un lato si è rispettato lo Stato e il giuramento fatto sulla Costituzione. Il mio padrino della Cresima è stato un giovane ufficiale della Repubblica di Salò, Gianfranco Chiti. Al termine della sua carriera, da generale dei Granatieri, ha lasciato la divisa per indossare il saio francescano, nel 1982, sulla scia delle atrocità della guerra che lui ha vissuto in prima persona sul fronte russo nel 1941-42, ventiduenne. Nel 1944-45 si trova a Torino e nelle Langhe. Invece di consegnare gli ebrei e i partigiani trovati durante i rastrellamenti ai nazisti perché li deportassero in Germania o li fucilassero sul posto, li nasconde arruolandoli nel suo battaglione, aiutando i genitori nascosti nelle soffitte e cantine di Torino. Così alla sua morte la diocesi di Orvieto avvia il processo di beatificazione conclusosi positivamente due anni fa. Si attende un miracolo per la beatificazione. Di recente il papa lo ha citato nell’Angelus domenica.Sempre riguardo al contesto in cui sono cresciuto, la nostra casa di Santa Maria al Bagno ha ospitato centinaia di ebrei nel 1945-47, dopo aver ospitato i partigiani jugoslavi. Sono cresciuto con le tracce del fuoco sul pavimento del mio appartamento. La storia di quei profughi è parte della mia adolescenza per le storie raccontate da mia nonna, zii e da mio padre. Ma soprattutto a Londra ho conosciuto i discendenti dei deportati, gli ex bambini dei Kinder Transports, i bambini portati in salvo da donne inglesi con treni in partenza dalla Germania. Ho sentito le loro storie nelle sinagoghe di Londra. Ho visitato il campo di concentramento di Dakau a 10 anni, nel 1977, portato da mia madre, e di Auschwitz Birkenau dopo una conferenza a Varsavia nel 2014. Nello stesso anno ho parlato a Chicago in seno alla conferenza su Ian Karski, il diplomatico polacco che riuscì ad informare personalmente Roosevelt dell’esistenza dei campi di sterminio. Resterà in America per il resto della sua vita, professore di diritto internazionale a Georgetown. Potrei scrivere pagine di storie che ho sentito. Ma soprattutto ho rintracciato e riportato a Santa Maria Ottfried Weisz, di cui metto a sua disposizione il filmato in occasione di sue interviste rilasciate a Galatone e Lecce nel 2004, che mi ha raccontato di persona la storia del suo salvataggio a Livorno Vercellese nel 1943 ad opera di un poliziotto italiano che lo ha tirato giù dal camion già diretto al campo di raccolta di ebrei creato dalla milizia fascista di concerto con i nazisti.Ed io, avendo trovato Weisz, avendo assistito alla sua testimonianza grazie anche alla quale Nardò ha ottenuto la medaglia d’oro al merito civile per l’accoglienza offerta (direi accoglienza ‘manu militari’), agli ebrei, da parte del presidente Carlo Azeglio Ciampi, avrei dovuto tacere di fronte alla decisione di installare il Terminal di idrovolanti proprio nel Giardino della Memoria? Il coraggio di resistere si deve avere quando c’è in gioco qualcosa di importante. E per me il giardino lo è. A distanza di due giorni dalla notizia, una delle persone interessate al progetto, proprio nei giorni della Memoria, mi ha inviato via whatsapp un’aquila nazista della rivista di cultura aeronautica della seconda guerra mondiale “Adler”.

Avrei dovuto fermarmi?

Il fascismo è parte della cultura italiana ancora oggi, più per ignoranza che per convinzione. I fatti che stanno accadendo in tutta Europa, negli USA e persino nel Regno Unito, stanno ad indicare che a cento anni dalla marcia su Roma il populismo è ancora al suo posto e lo sarà sempre di più se chi sa tace, se chi conosce la storia, non la divulga, se chi può dare l’esempio, non lo dà, se chi governa, non fa il suo dovere.

Che cosa si sentirebbe di suggerire al governatore di Puglia al termine di questa brutta vicenda?

Di intervenire, come aveva promesso, per cercare una collocazione diversa del terminal, visto che è un progetto di rango europeo e evidentemente è considerato utile per il turismo. Di non costringerci a promuovere appello alla sentenza del TAR. Di promuovere un tavolo di discussione con il Comitato che abbiamo creato. Di promuovere la cultura della memoria nell’area di Nardò, visto che ho sentito dire da più parti che ci sono persone che negano, o hanno negato da giovani, la Shoah.Il Governatore deve avviare un processo di conoscenza e di abiura non solo a parole ma nei fatti.

Ho sentito i comizi elettorali. Non è possibile nel 2021 sentire dire che l’opposizione “sia il male”. Di evitare di fare “brutti incontri”. L’opposizione è sacra in politica e nella democrazia. Forse Emiliano dovrebbe spiegare ai sindaci pugliesi, specie ai più giovani, che la Giornata della Memoria, così come il 25 aprile, vanno celebrate per legge, anche con la presenza del Sindaco di tutti i cittadini. Non dileggiata adottando delibere che modificano addirittura il nome del Giardino della Memoria e dell’Accoglienza per cancellarne il significato originario in modo da essere liberi di farne tutt’altra cosa.

La nostra donazione è per quella finalità. Ritengo che ci siano gli estremi già ora per la revoca della donazione, cosa che non faccio perché ancora spero che il significato di quella donazione (la memoria, proprio lì dove giocavano a pallone i bambini ebrei nel 45 e dove abbiamo originariamente voluto ricordare Weisz) venga preservata con un intervento esplicito del Governatore. Cedere da parte mia su questo, vuol dire aver preso in giro tutti, non i neretini, bensì i cittadini europei e di uno Stato democratico che pagando le tasse o sanzioni versano oggi miliardi di euro alle casse eurounitarie, che ritornano a Nardò sotto forma di progetti funzionali alla crescita economica come quello degli idrovolanti. E qui c’è da chiedersi se non ci fossero altri progetti da realizzare prima.

L’apologia di fascismo è un reato. Mi spiega perché non viene tratto in arresto chi lo commette?

La legge (la Costituzione e la ormai datata Legge Scelba) parlano di divieto di ricostituzione del Partito Nazionale Fascista. Il divieto è quindi di porre in essere “una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque, che persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia […]” Questo vuol dire che è molto difficile limitare l’azione di movimenti che si ispirano alla nostalgia del nazi-fascismo se non ci sono comportamenti inequivocabili e univoci volti alla ricostituzione del regime fascista. Così persino il saluto fascista è stato da un lato sanzionato in una sentenza del tribunale di Varese nel 2017, e considerato non pericoloso dal Tribunale di Milano nel 2019. Ricordo perfettamente i saluti fascisti quando ero ragazzo al liceo. Siamo tutti cresciuti circondati di nostalgici del fascismo perché a differenza della Germania, dell’Austria, della Francia, dell’Olanda, dove la storia delle seconda guerra mondiale viene insegnata quotidianamente a milioni di giovani, anche tramite la televisione, purtroppo in Italia per ragioni geo-politiche fin dagli anni ’50 è stata rimossa. In Germania scherzare con un saluto fascista (nazista), specie se fatto da un aspirante politico, rappresenta la fine di una carriera politica. Da noi non è proprio percepito nella sua gravità perché il contesto non lo percepisce come tale, persino a livello universitario e della stessa magistratura. Ritengo incredibile che non dico il Sindaco di Nardò ma il Governatore della Puglia non abbia risposto ad una mia pec inviata a luglio scorso, per conoscenza ai rappresentanti della comunità ebraica, chiedendo rassicurazioni scritte sull’esistenza di un progetto che non avrebbe “toccato il Giardino”, come è stato detto a più persone. Pochi giorni dopo è uscita una sentenza definitiva dopo una udienza sulla sola mera sospensiva. Sentenza in cui, tra l’altro, i giudici fanno sì riferimento al Giardino della Memoria, pur parlando di arbusti donati dalla mia famiglia. Laddove ci sono pini marittimi, sono state diverse palme, ovviamente morte per assenza di acqua, piante prelevate da orti botanici italiani, donati da università e da altri privati. In un contesto del genere, più che scrivere sui giornali, più che far conoscere al resto d’Italia e del mondo questa vicenda, cosa si può fare?

Che cosa le fa davvero paura al giorno d’oggi?

Liliana Segre dice l’indifferenza. E questa l’ho toccata con mano e vista con i miei occhi, a Roma, a Nardò, a Bari, su un tema così simbolico e delicato. A me quello che spaventa è la non – conoscenza dei fatti storici. La manipolazione della cultura, anche scientifica, come si è visto in occasione della pandemia con i No-Vax. E’ un problema di non conoscenza (non voglio usare termini derogatori). Ho diversi documenti che illustrano in che condizioni gli ebrei furono convogliati e portati a Santa Maria al Bagno nel 1945. In che disastrose condizioni furono alloggiati, come avvennero episodi a loro danno. Come vennero descritti come indesiderati, noiosi, petulanti, desiderosi di più aiuto di quanto ne ricevessero. Sull’accoglienza a Santa Maria al Bagno e nel Salento credo che ci siano ancora libri da scrivere, finora basati su interviste sporadiche dei sopravvissuti e su ricostruzioni molto edulcorate. E’ mio impegno pubblicare via via i documenti che illustrano con gli occhi dei testimoni del tempo l’intera vicenda dell’accoglienza nel Salento nel 1943-47.Il giardino è dedicato al DP Camp e ai sopravvissuti, forse l’unico nel suo genere in Italia.

E per questo continuerò a far conoscere le vicende di quel periodo di rinascita. Questa vicenda mi ha tolto enormi quantità di tempo (ho fatto una raccolta di fondi a sostengo di questa battaglia di civiltà e ho ricevuto qualche aiuto volto a coprire le spese vive non solo da persone del luogo ma anche da amici di Roma, Milano e Londra). Sono rimasto colpito dal coraggio di una manciata di persone sul posto, intimorite dall’isolamento, dal linguaggio, dagli episodi registratisi anche durante la campagna elettorale. Tuttavia dedicherò sicuramente il resto della mia vita a far conoscere questa vicenda e a pubblicare i documenti che ho raccolto negli anni britannici negli archivi militari e diplomatici inglesi e americani. Solo facendo conoscere oggi possiamo colmare il gap e fronteggiare il populismo che ha già sconvolto nuovamente la vita in stati democratici come il Regno Unito e gli Stati Uniti. E non vorrei che il prossimo stato sia l’Italia. Einstein lasciò nel 1933 la Germania nazista per gli USA. Scrisse ne “Il mondo come io lo vedo”, pubblicato nel 1934 “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le Nazioni, perché la crisi porta progresso. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorgono l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato”. Siamo in una fase di crisi, anche a Nardò, se si pensi all’accoglienza riservata ieri al Governatore Emiliano in visita alla sede della CGIL di Nardò o, in scala, all’aggressione e devastazione della sede della CGIL di Roma.

Einstein aggiunge

La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei Paesi è la pigrizia nel trovare le soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti'.

Io mi auguro che si cerchino delle soluzioni alternative per il terminal di idrovolanti nel Giardino della Memoria, ma soprattutto delle iniziative concrete da parte del Governatore Emiliano per convocare un tavolo di discussione con chi ha vinto le elezioni a Nardò per ricordare quali sono i fondamenti della nostra Repubblica e, soprattutto, di quella Unione Europea da cui provengono settanta anni di pace, idee straordinarie, la lotta comune contro i grandi eventi e, soprattutto, tanti soldi pubblici. La ringrazio molto per le domande che mi ha posto. È uno dei pochi giornalisti del luogo che ha avuto il coraggio di intervistarmi e di pubblicarmi. Anche così forse si comincia a incrinare il muro della non – conoscenza.

Roma, 11/10/2021

Marco Marinaci

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

0
0
0
s2sdefault

ADV

salento magazine

I più letti