Un sindaco ha sempre l’obbligo di dire la verità e di gestire, possibilmente con oculatezza, il patrimonio immobiliare della sua comunità. Mentre scrivo la pietra in carparo di quello che il sindaco aveva definito il "Lungomare più bello d'Italia" si sta sbriciolando. Un'opera costata un patrimonio richiederebbe, quando non è stata ancora ultimata, interventi urgenti. Sulle opere pubbliche, a tutela della comunità, vi sono 10 anni di garanzia.
Tre milioni e mezzo di euro. Tanto spenderà la Regione Puglia per recuperare l’ex Antoniano. L’edificio, che è e resta di proprietà della Curia, sarà demolito e al suo posto nascerà “una Rsa con 18 posti letto per persone disabili non autosufficienti”, “già accreditata dalla Regione”. Singolare che l’accreditamento, così come ha evidenziato Lucio Tarricone in un suo post, avvenga su di una struttura che ancora non è nemmeno stata realizzata. Forse potrà chiarire tale straordinario percorso sua eccellenza il vescovo o anche l’assessore regionale alla sanità. Visto che accreditare una struttura che non esiste ha del miracoloso. “Fondamentale” – fanno sapere dal comune - in questo percorso “miracoloso” - la collaborazione della Curia e di Sua Eccellenza mons. Fernando Filograna. Il Comune di Nardò, ha inserito l’immobile nella proposta a seguito di una intesa con la Diocesi di Nardò Gallipoli, proprietaria dello stesso, che nel 2018 ha ceduto per venticinque anni - al prezzo simbolico di 1 euro - il diritto di superficie dell’area su cui sorge il complesso (che occupa un lotto compreso tra le vie Pitagora, Leonardo Da Vinci e Generale Cantore). “L’esigenza e l’opportunità del recupero dell’immobile per fini sociali” sarebbe “emersa anche dai contributi dei cittadini e dei portatori di interessi istituzionali in occasione delle iniziative di partecipazione che il Comune di Nardò ha organizzato nell’ambito della strategia di rigenerazione urbana”. Già li immaginiamo stuoli di cittadini che riempiono le sale del comune e chiedono democraticamente la realizzazione, in un edificio di proprietà della diocesi, di una residenza destinata ai disabili non autosufficienti. Ci si chiede se l’affarone in questo caso lo abbia fatto la diocesi o la comunità. Il vescovo gongola. Grazie a quello che appare più che un regalo, la Curia che si ritroverà un immobile completamente ristrutturato a costo zero. I 18 posti letto non potevano essere individuati nel deserto rappresentato dall’ex ospedale Sambiasi, oggi ridotto al misero rango di Poliambulatorio? L’ex gerontocomio che avrebbe potuto essere recuperato, anche perché si tratta di un immobile di proprietà del comune, è stato invece ceduto in cambio della realizzazione di altre opere. L’ex gerontocomio della zona 167, è stato ceduto alla “De Nuzzo & C. Costruzioni”. Per 1milione 630mila euro da corrispondere al Comune tramite opere pubbliche. Il Gerontocomio, tre piani per 1.820 metri quadrati complessivi dovrebbe ospitare - sempre per ammissione del sindaco - una residenza per anziani (accoglienza temporanea o permanente di persone non autosufficienti, anziane e non, non curabili a domicilio), un nucleo “Dopo di noi” (il piano per persone con disabilità a cui vengono a mancare familiari e/o tutori) e un punto nascita (Di quest’ultimo pare si siano perdute le tracce). Un altro caso degno di nota è rappresentato dall’ex Istituto Agrario sulla via per Galatone, un immobile con annesso parco, che avrebbe potuto rappresentare un indispensabile polmone verde in più a disposizione di una Città che dispone, per la verità, di pochissime aree verdi. Invece è stato, anche questo, ceduto alla Guardia di Finanza per 99 anni. Le fiamme gialle lo trasformeranno in una caserma con annesso, pare, eliporto. Chiudo con un cameo: sono anni che l’ex mercato coperto nel cuore del centro storico, dopo costosa ristrutturazione, attende invano uno straccio di idea rispetto alla sua destinazione. “Se un uomo non intende correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui.”