Arianna Ciardo, da “I Migliori Anni” a “Fratelli di Crozza” vi racconto la mia vita sulle punte

Intervista di Marco Marinaci

Ph. Aristide Mazzarella

Nello scatto di Aristide Mazzarella si coglie il gesto di una ballerina, è l’atto finale. Dietro c’è tutto un mondo fatto di rigore, disciplina e sacrifici. 

Ricordo ancora Carla Fracci prima dello spettacolo: già durante la fase di riscaldamento, emergeva la concentrazione, la fatica ed il rigore che ne hanno fatto una etoile leggendaria.  Prima di poter assistere alle magnifiche coreografie di Fredy Franzutti c’è il duro lavoro dei ballerini del Balletto del Sud. Insomma per emergere occorrre lavorare duro. Arianna Ciardo ha 25 anni, nasce a Tricase, sotto il segno della vergine. Cresce in un  paesino del sud del Salento, di 1.500 anime, “Il cui nome – dice -  è così simpatico da rimanere per forza impresso: Depressa”. Praticamente la stessa cittadina in cui vive il cineasta Edoardo Winspeare. A 12 anni viene ammessa in Accademia Nazionale di Danza. Si trasferisce a Roma. Trascorsi 8 anni, tra suola e Accademia, iniziano provini, i casting, le audizioni. Arrivano  “I Migliori Anni” con Carlo Conti, “Fratelli di Crozza”, il Festival di Cannes. Ha viaggiato tanto e dopo aver vissuto a Roma, Torino, Venezia, in Qatar, in Francia, e Milano, da soli tre mesi è a Peschiera del Garda. Guarda il mondo chiedendosi: quale sarà la prossima città? 

Quali sono stati i primi momenti del suo percorso artistico?

Il primo è stato ad appena 10 anni, quando nella mia Scuola di danza privata, all’epoca si chiamava “Scarpette rosa” a Tricase, ho vinto una borsa di studio come miglior ballerina della scuola. In quel momento, ho iniziato a pensare che la danza potesse essere non soltanto una "semplice" passione, ma avrebbe potuto diventare la mia professione. Da lì a poco, dopo lunghe conversazioni tra i miei genitori e la mia insegnate, Elena De Donno, ho fatto il mio primo ingresso a Roma, per partecipare all’audizione per l’ammissione all’Accademia nazionale di danza.

Lo ricorda ancora?

La ricordo ancora come se fosse ieri. Il mio primo viaggio a Roma fu in macchina, con i miei genitori e mia sorella maggiore. Che esperienza che è stata! Ricordo che alla fine dell’audizione ero seduta sui gradini ad aspettare l’esito con tante altre bambine in body rosa, che come me cullavano il sogno di diventare delle ballerine, ricordo l'ansia condivisa dell'attesa per quel foglio in bacheca e la voglia di vedere il mio nome impresso. Ne hanno ammesse solo cinque quell’anno.  Sono trascorsi otto anni, lunghi, sudati, intensi, durante i quali al mattino frequentavo la scuola media prima e il liceo poi, come una qualsiasi ragazzina della mia età, e i corsi di danza ogni pomeriggio: tre, quattro, cinque ore. Durante i periodi di prova per gli spettacoli il conto delle ore si perdeva.

Dove trovava il tempo per fare i compiti e per studiare?

I compiti per la scuola si facevano in autobus, nel camerino, o anche la notte in collegio. Otto anni passati tra gioie e dolori, tra risate a pianti di sconforto. D’altronde ero una bambina che stava diventando un’adolescente e iniziavo a capire che alla mia scelta, quella di formarmi in un‘Accademia, lontana da casa e dalla mia famiglia, corrispondeva una rinuncia, quell’adolescenza che la maggior parte delle ragazzine vivono spensieratamente. Ma non rimpiango nulla anzi, sono felice del percorso che ho intrapreso e della scelta che ho fatto. Poi è arrivato finalmente il diploma in Accademia. Da lì è iniziata una nuova vita, quella lavorativa, fatta di tanti momenti in giro per il mondo e di audizioni, casting e lavoro. 

In tv le esperienze, nonostante la sua giovane età, sono tante. Da “I Migliori Anni” trasmissione condotta da Carlo Conti su RAI 1 a “Fratelli di Crozza“ di Maurizio Crozza su canale NOVE. Ci racconta un aneddoto, una curiosità che le è accaduta durante le trasmissioni a cui ha preso parte?

 “I migliori anni” è stato il mio primo lavoro importante in TV, in diretta su RAI 1. Avevo 19 anni. Le coreografie erano firmate da Fabrizio Mainini, un grande maestro. Prima avevo fatto delle pubblicità, dei piccoli ruoli, ma la diretta televisiva è diversa. Per me era tutto nuovo. Io venivo dal teatro, da palco e luci, contesti ben  diversi rispetto a quelli della televisione. Una curiosità che mi viene in mente è avvenuta da Crozza, Dopo giorni di sala prove, durante la prova generale (il giorno prima della diretta), a Crozza non piacque il testo della musica su cui noi avevamo un pezzo coreografico da dover fare e così ha eliminato quel pezzo dalla scaletta per metterne un altro. E così noi siam dovuti ritornare in sala prove per imparare un altro pezzo appena un giorno prima dello spettacol.

Che tipo è Crozza, lo ha conosciuto?

Ho avuto l'onore di osservarlo lavorare: è un grande lavoratore, critico, preciso, esigente e professionale. Non lascia nulla al caso. Allo stesso tempo è istrionico e simpatico.  Un vero uomo di spettacolo.

Quando ha capito che la danza sarebbe diventata la sua professione?

Sin da subito, già da piccola quando giocavo con le mie amichette, io ero l’insegnante di danza e coreografavo per loro dei piccoli balletti. Non ho mai avuto altri sogni se non quello di diventare ballerina. Mi è sempre piaciuto il mondo dello spettacolo! Mi piacevano gli specchi, le telecamere e le fotografie, mi truccavo rubando il rossetto alla mamma e giocavo ad essere "famosa". Imitavo le soubrettes che vedevo in tv, e scendevo le scale di casa salutando un finto pubblico che immaginavo lì ad acclamarmi, in realtà c'erano solo le piante della nonna! In Accademia poi la situazione è diventata più seria, giorno dopo giorno acquisivo la consapevolezza che tutti quei sacrifici che stavo facendo, insieme alla mia famiglia, mi avrebbero portata realmente a  diventare una ballerina e a far sì che questa diventasse la mia professione.

Il suo punto di riferimento sul piano professionale…
Il mio punto di riferimento da piccola è stata Sylvie Guillem, l’etoile francese, aveva tecnica, espressione, forza ed era fenomenale in tutti gli stili. Quello che ho sempre voluto essere: versatile ed espressiva. Da grande ho trovato ispirazione nel Maestro Bill Goodson. È una carica esplosiva di adrenalina pura.  Ogni sua coreografia è uno spettacolo di fuochi d'artificio! Con lui le lezioni sono toste eh, ma troppo divertenti!

 Come è la sua giornata tipo?

Il minimo comune multiplo delle mie giornate è essere sempre in viaggio, tra macchina, treni e aerei. sempre accompagnata dal mio inseparabile trolley rosso. Dei giorni sono in treno per andare a fare casting, altri giorni per andare a fare lezioni, o sala prove. Oggi ad esempio mi sono svegliata molto presto per andare in aeroporto a Milano perché ho un aereo per Cipro, ho uno spettacolo lì. I giorni più belli, ovviamente, sono quelli in cui viaggio per andare ad esibirmi! Ma questo lato del mio lavoro mi piace un sacco. Mi permette di viaggiare tanto, di conoscere paesi, culture e persone diverse.

Quel che fa più paura al giorno d’oggi…

Ho paura che un giorno, tutto ciò che ho fatto, e che faccio non basti più, che qualcosa cambi nella mia vita all'improvviso e io non sappia come fronteggiarlo. Qualche mese fa durante una prova, una presa non è andata bene, e dal palco mi sono ritrovata stesa a terra. Ho aperto gli occhi e tutti erano attorno a me. Io ho detto: "Riprendiamo?". Tre minuti dopo è arrivata l'ambulanza, sono stata ferma più di un mese, è stato orribile, perché davvero non avevo altro pensiero se non quello di ritornare in sala prove, per riprendere da dove "mi avevano interrotta". 

Ha preso parte ad un paio di film “Gli Sfiorati” per la regia di Matteo Rovere, ed  “Un Natale stupefacente” diretto da Volfango De Biasi. Che esperienza è stata quella con il grande schermo?

Bella, bellissima ma difficile per certi aspetti, io ho studiato per fare la ballerina, non l'attrice, e sono abituata ad esprimermi col corpo, è difficile parlare rimanendo ferma. Ma vorrei studiare, imparare, migliorarmi e poi chissà..Sono sempre stata affascinata dal piccolo e dal grande schermo. Adoro, Julia Roberts, Penelope Cruz, l'italiana Monica Bellucci. Se dovessi intraprendere questa strada, vorrei tanto diventare come loro.

Lei è concittadina del cineasta Edoardo Winspeare, le piacerebbe lavorare con lui?

Oh sì che mi piacerebbe! Ho visto i suoi film e ho percepito lo sguardo che da alle storie che racconta. Ho adorato l’ultimo suo film “LA VITA IN COMUNE”, ambientato a Disperata… giusto per riprendere la nostra Depressa. Una trama divertente e un po' grottesca, uno spaccato autentico della nostra realtà. Sarebbe bello un giorno essere diretta da Edoardo Winspeare. Potrebbe essere l'occasione per ritornare alle origini e mettere il mio studio, la mia arte, la mia passione "Al servizio" delle mie radici, per raccontare quello che è il mio “Posto”, le mie persone, l’aria che si respira dalle nostre parti. 

Lei  per lavoro ha viaggiato tanto. Un luogo, tra i tanti che ha visitato, che l’ha colpita profondamente…

Dubai è stato il paese che mi ha stupita più di tutti gli altri. Per il suo cambiamento, il rapido e straordinario progresso che ha subito in pochi anni. Sono andata a Dubai nel 2009, la prima volta, e poi ci sono tornata nel 2015. Sono rimasta sbalordita entrambe le volte da questa metropoli nel deserto, grattaceli e dune.. colori, opulenza e posti nascosti. E’difficile da spiegare, per me che ho vissuto a Roma, nella storia, visitare una città tagliata a misura di nuovo millennio,  mi ha scioccata, ma è stata davvero una esperienza molto divertente. 

Può descriverci le sue esperienze all'estero e quali differenze ha trovato rispetto al nostro Paese?

Ogni Paese ha le proprie culture, i propri usi e questo si riverbera per forza in ogni ambito, anche in quello dello spettacolo. in Spagna, Paese che ho nel cuore, sono tutti “De sangre caliente”, ti apre il cuore girare per Madrid, ballare lì, senti una gioia che non riesci a controllare. A Doha (Qatar),  invece, dove per religione occorre essere super coperti, - per rispetto, anche gli stranieri -  è stato stranissimo esibirmi con dei vestiti di scena completamente diversi da quelli che usiamo in Europa, tutti molto coprenti, molto sobri.  All’estero ho imparato a parlare bene l’inglese. quando lavori fuori e ti rapporti con altre colleghe di altri Paesi, la lingua comune è, dico una banalità, l’inglese. Coreografi, costumisti, tutti ti parlano in inglese. E' importante conoscere anche altre lingue anche se, devo dire, noi italiani riusciamo sempre a farci capire! Una cosa che purtroppo in Italia manca e che ho apprezzato negli altri Paesi è l’organizzazione. Finché non si esce fuori non lo si può capire. 

Le manca la sua terra?

Si. Sono orgogliosa di essere Salentina, e appena posso, lavoro permettendo, scendo a casa anche solo per due giorni, ma cerco comunque di non mancare mai agli eventi importanti. 

A chi sente di dover dire grazie…

La mia famiglia... Devo tutto ai miei genitori e a mia sorella per avermi sempre supportata e sopportata in tutto il mio percorso. Senza di loro non avrei fatto nulla! Sono la mia ancora, so di potermi fidare sempre di loro e di poter contare sul loro aiuto sempre. Siamo atipici, ci vediamo a cena, che ne so, a Torino, una sera, per stare tutti insieme. Proprio recentemente, mamma era a Milano da mia sorella, papà tornava da un appuntamento di lavoro a Bologna e sono venuti tutti nella mia nuova casa a Peschiera del Garda per "il pranzo della domenica". Siamo così e ci piace un sacco!  Ma poi siamo una famiglia meridionale, una grande famiglia allargatissima, composta anche da nonni, zii, prozii, cugini di primo, secondo, e terzo grado. Siamo molto uniti e ci vogliamo un gran bene, durante le feste ci ritroviamo ancora in quella che era la casa della bisnonna Lucia, e siamo un delirio! 

Cosa si aspetta dal futuro?

Dal futuro mi aspetto di essere sempre in salute e serena, ed è quello che spero per la mia famiglia. Mi aspetto di continuare a ballare e continuare a lavorare nel mondo dello spettacolo.

Un suo pregio ed un difetto che le riconoscono…

Sono solare. Il difetto? La testardaggine.

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