L'avvocatura sta attraversando una crisi profonda. A certificarlo il Censis. I risultati del nuovo rapporto sullo stato di salute dell’Avvocatura italiana realizzato dal Censis per conto di Cassa Forense, danno il prospetto di una professione drammaticamente mutata negli ultimi anni.
L'avvocato Salvatore Donadei, presidente della Camera Civile rammenta che "Le difficoltà riscontrate dalla categoria forense, più o meno connaturate al proprio sistema (fatica nel recuperare i crediti - di cause vinte o perse - , i costi degli adempimenti burocratici o fiscali, la gratuità di consulenze e pareri iniziali, lo scarso appeal sociale verso studi che prediligono sistemi di ICT e networking, l’impossibilità di espandere il proprio mercato oltre il bacino locale, lo sconfinamento competenziale di altre professioni ecc.), inducono gli stessi Avvocati, circa l’80% degli 8.000 interpellati, a sentire una complessiva e profonda crisi professionale ed economica, a cui consegue la perdita di prestigio della stessa Avvocatura (il 59,6%), ed il decremento delle ambizioni di carriera delle matricole (il 44%), per le quali la prospettiva, superate le barriere d’accesso, è una gabbia di precariato".
"L’indagine, dunque, - continua Donadei - esorta tutte le Istituzioni forensi, con il coinvolgimento delle Associazioni maggiormente rappresentative – e vero sale dell’Avvocatura – e delle Istituzioni politiche ad un generale ripensamento qualitativo del settore indicando, a tal proposito, vari assi di ragionamento e, fra questi, il più importante, crediamo, riguarda il sistema universitario. A riguardo, lascia il tempo che trova l’auspicio davighiano per il cosiddetto “numero chiuso” - presumibilmente incostituzionale - e l’allungamento del percorso di studi di due anni, occorre, invece, immaginare una nuova Facoltà di giurisprudenza, non più avulsa dalla realtà e dedita all’inutile enciclopedismo, e il cui impianto preveda: la riduzione del numero di esami orali e dei crediti associati alle discipline storico-filosofiche, piani di studio “professionalizzanti” sin dal terzo anno, laboratori curriculari - con obbligo di frequenza - sul ragionamento giuridico/il collegamento tra norme/la ricerca giuridica cartacea ed elettronica/la letteratura giuridica/il confronto tra più rami del diritto/la comparatistica/le tecniche della contrattualistica internazionale/la produzione di atti/le tecniche di argomentazione e di recitazione/l’etica legale, ecc. stage presso gli uffici giudiziari, lezioni frontali nelle carceri. Insomma, allestire un sistema in cui sia il peso effettivo dell’offerta a scoraggiare l’improvvisazione e, nel contempo, il pieno sfruttamento del titolo di laurea".