Omicidio colposo, il chirurgo non avrebbe agito secondo protocollo

Condanna di omicidio colposo a carico del chirurgo Francesco Barnaba per la morte della sessantanovenne Anna Maria Miglietta nel corso di un intervento in laparoscopia per la rimozione della colecisti il 28 marzo del 2013. Una condanna che se da una parte non pone fine al dolore della famiglia della vittima, dall’altra da un minimo di sollievo perché “finalmente è stata fatta giustizia”.

Queste le uniche considerazioni che i parenti si sono lasciati sfuggire in un giorno che chiude il cerchio, pur non restituendo la madre, la nonna, la suocera e la splendida persona che era all’amore dei suoi cari. L’avvocato Pasquale Morleo che ha assistito la famiglia insieme con i colleghi Vito Epifani, Gianluca Coluccia e Salvatore Lezzi ha dichiarato che “secondo quanto emerso dalle analisi dei tecnici nominati dalla Procura, il medico Francesco Barnaba non ha agito secondo la legge Artis, il protocollo che avrebbe previsto un ulteriore esame diagnostico prima dell’intervento avvenuto a distanza di un anno e mezzo dalla Tac”. A campo operatorio esplorabile si è passati da laparoscopia ad open, provocando a seguito delle aderenze, la recisione della vena porta, recisione che è risultata fatale. A nulla sono valse le innumerevoli trasfusioni. Maria Anna Miglietta è deceduta di lì a breve per shock ipovolemico, una emorragia che è stata impossibile da sanare. Secondo l’accusa, confermata dalla sentenza di ieri, i medici avrebbero omesso di sospendere l’intervento allo scopo di valutare adeguatamente alternative chirurgiche. “Un diverso approccio terapeutico – si legge nelle conclusioni a cura dei tecnici nominati dalla Procura – incluso anche quello di differire la colecistectomia, avrebbe certamente evitato l’exitus della paziente”. La condanna a carico di Barnaba prevede un anno di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Al momento non è possibile quantificare il risarcimento che spetta alla famiglia, alla quale viene liquidata una provvisionale di 5000 euro per ciascuna delle parti civili. Come si legge nel documento emanato dalla sezione penale del Tribunale di Brindisi, Barnaba viene inoltre condannato “con il responsabile civile della azienda sanitaria locale di Brindisi, nella persona del direttore generale e rappresentante legale pro-tempore, alla rifusione in favore delle parti civili delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio sostenute, liquidate in 3500 euro in favore dei legali che hanno seguito la causa”. 

 

Federica Marangio

0
0
0
s2sdefault

ADV

salento magazine

I più letti