Il sindaco Salvemini risponde a Marti "Salvare la Lupiae senza provare a renderla efficiente non è più sostenibile per la Città"

“A Carlo Salvemini – aveva affermato il senatore leghista Marti - rimprovero di non voler fare nulla per salvare la società Lupiae, di non volersene assumere le responsabilità nascondendosi dietro il decreto Madia, ma di questo farò in modo che ne risponderà in consiglio e con tutta la cittadinanza”. La replica del sindaco non si è fatta attendere. 

Per la seconda volta a distanza di pochi giorni il senatore Marti interviene sulla questione Lupiae con diversi obiettivi: per lanciare accuse senza fondamento (“Salvemini ha una personale avversione nei confronti della Lupiae Servizi s.p.a. e non ha mai fatto mistero della volontà di sopprimere una realtà societaria di riferimento come la Lupiae”); per ribadire che le leggi dello stato che siamo chiamati ad osservare sono a suo giudizio un alibi (“il decreto Madia lascia un’ampia discrezionalità politica/amministrativa”); per indicare come punto cruciale di un possibile piano di risanamento la vendita di terreni che sono invenduti dal 2012 (“il sindaco prima di pensare di toccare i lavoratori potrebbe mettere in vendita il patrimonio della Lupiae che ha un valore di circa 4 milioni di euro”); per accreditarsi come referente politico dei destini del Consiglio comunale (“a Carlo Salvemini rimprovero di non voler fare nulla per salvare la società Lupiae ma di questo farò in modo che ne risponderà in consiglio e con tutta la cittadinanza”), probabilmente in vista di una sua ambizione a candidarsi sindaco.

Per la seconda volta a distanza di pochi giorni rispondo per doverosa chiarezza nei confronti di quei circa 100mila leccesi che sono proprietari della Lupiae e dei circa 250 lavoratori giustamente preoccupati del loro destino. La mia esclusiva preoccupazione oggi è quella di lavorare per garantire un futuro alla azienda partecipata senza compromettere quello dell'intero Comune di Lecce.

Quello che sfugge al senatore Marti - e a tanti commentatori che indicano con sicumera semplicistiche e frettolose soluzioni - è che oggi la situazione finanziaria del socio unico della Lupiae – il Comune - è molto diversa da quella degli anni passati: i nostri margini di manovra sono strettissimi. Come in tanti sanno bene, ma fingono di ignorarlo per meri fini di propaganda, siamo un Ente sottoposto a richiami severi della Corte dei Conti dal 2013. I problemi del Comune di Lecce non rendono affatto semplice o scontato ricapitalizzare ancora una volta una società partecipata che dal 2006 al 2017 ha cumulato perdite per oltre 13 milioni di euro, senza che questo lo esponga al rischio concreto del dissesto.

Questo è il bivio davanti al quale si trova la città: salvare la Lupiae così come è - con oltre 4 milioni di debiti su un fatturato di 9 milioni – senza provare a renderla una azienda efficiente dal punto di vista economico, come è stato fatto in passato, oggi non è più sostenibile per la città, se non al prezzo di fare saltare il bilancio comunale. Con conseguenze pesantissime per tutta la città e sicuramente fatali per la stessa Lupiae. Di questa complicata situazione sono da tempo informati i lavoratori, i sindacati, gli amministratori, il collegio sindacale, il revisore unico, il Consiglio comunale. Lì dove siedono ex sindaci ed ex assessori che ieri si sono serviti politicamente della partecipata senza pensare alle conseguenze economiche delle loro azioni. Che hanno incautamente nascosto la verità, garantendo tutti che la società fosse stata già risanata e fuori pericolo grazie al sacrificio salariale dei dipendenti della LUPIAE. E oggi, sottovalutando l'intelligenza dei 100mila leccesi che assistono a questa vicenda, provano a utilizzare contro il sottoscritto le preoccupazioni dei lavoratori e delle loro famiglie.

Come ho già detto, sarà il Consiglio comunale a decidere se la strada migliore per la città e per la Lupiae sia quella di mandarmi a casa, o se invece sarà quella che indicheremo a conclusione del lungo lavoro in corso su bilanci e piani di risanamento. Sono gli eletti a Palazzo Carafa a rispondere dei destini dell’amministrazione comunale, non i senatori della Repubblica.

Da parte mia resto sempre pronto ad ascoltare tutte le soluzioni utili a gestire nel migliore dei modi questa doppia crisi: quella del Comune - socio unico della Lupiae - e quella della società partecipata. Se il senatore Marti ritiene che il Governo nazionale possa aiutarci mi dichiaro da subito disponibile ad un incontro con il ministro della P.A. Giulia Bongiorno per verificare quali discrezionalità la legge assegna ai Comuni di fronte a società partecipate strutturalmente in deficit. Forse collaborando potremo raggiungere risultati che di certo limitandosi alle bugie contro il sottoscritto non arriveranno.

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