Analizzare i risultati elettorali in modo indipendente è sempre arte difficile in Italia, compressi come si è da rivendicazioni di vittoria da tutte le parti comprese quelle che non presentano liste. Ma un tentativo, ogni tanto, va fatto.
Le regionali dello scorso settembre a Nardò forniscono lo spunto per una serie di considerazioni che si tenterà di esporre nel modo più asettico possibile per non cadere nello sponsorizzare nessuna delle esagerate rivendicazioni che si stanno susseguendo. Il voto ha indubbiamente incoronato l’uscente (e rientrante) Emiliano che ha avuto un plebiscito su cui il sindaco Mellone tenta di mettere cappello rivendicando l’egemonia sui consensi ad Emiliano.
Proprio la candidata di Mellone (da lui presentata, manovrata e foraggiata in preferenze) si incarica di smentire questa egemonia: le 4579 preferenze raccolte a Nardò sono solo il 44,89% dei voti espressi a favore di Emiliano quindi gli altri 5621 voti (il 55,10% dei voti dati ad Emiliano) vengono da altre parti. Perché è difficilissimo ipotizzare che la dominazione quasi dittatoriale(alla Lukashenko) di Mellone sui suoi elettori abbia lasciato il minimo spiraglio a voti per Giulia Puglia che non fossero anche per Emiliano e viceversa.
Ma tutti i voti alla Puglia vengono da Mellone e dalle truppe corazzate dei vari Lupo, Natalizio, Dell’Angelo Custode?
Dubbio sorto dopo un esplicito endorsement della vecchia ex senatrice della città verso la giovane assessore comunale, con tanti saluti a Mellone “mangia-vecchi-politici”. L’exploit elettorale della Puglia aveva, del resto, le stimmate dell’inutilità fin dall’inizio per la impossibilità della sua lista a superare lo sbarramento per la ripartizione dei seggi.
Il consenso all’uscente governatore non è stato neanche scalfito del rancoroso appello a non votarlo dell’ex sindaco Risi che ha perso l’occasione per non mostrare la distanza, ormai abissale, delle sue visioni dagli umori degli elettori neritini. Il resto dell’opposizione di sinistra è superficiale, inconcludente e autocastratasi con personaggi sbiaditi e superficiali; vivacchia in attesa che il ciclo melloniano si concluda.
Dall’altra parte dello schieramento il tonfo di Fitto è stato colossale e probabilmente definitivo; del resto le minestre riscaldate non si prestano ai pranzi di gala. E a Nardò Forza Italia è sempre stata un’entità liquida in preda agli umori degli eletti di turno senza mai una struttura e senza uno zoccolo duro di elettori. Fratelli d’Italia è altra entità misteriosa senza uomini guida in cui identificarsi se non con l’avatar digitale del vecchio Fracella che di giri di valzer ne ha fatti tanti anche lui.
La Lega è non pervenuta come i dati delle stazioni meteorologiche isolate se si eccettua il tentativo (clamorosamente fallito) del sempre insinuante ed entrista Mellone di infiltrarla nel 2018 con l’altra sua assessora tele-guidata Sodero. I grillini aldilà del resuscitato (per la campagna elettorale) dopo il letargo quinquennale Casili, ininfluenti erano e ininfluenti sono rimasti.
Le altre candidature locali erano semplici riempi lista e a quel livello sono rimaste se si esclude quella di Giancarlo Marinaci che, in un panorama estremamente radicalizzato, ha mostrato qualche legame con la realtà cittadina.
Quale ricaduta questi risultati avranno sulle imminenti prossime elezioni comunali del 2021?
Mellone è sempre una spanna sopra tutti gli altri anche se un’elezione a primo turno sembra una difficile. I dati hanno una loro logica. I voti all’assessore Puglia superano di poco il 27% dei votanti e in cifra assoluta sono addirittura inferiori ai voti del primo turno 2016 a Mellone che furono 6247 ed in percentuale significavano il 30,09% dei voti espressi. Questo nonostante l’ingresso al servizio del sindaco delle truppe cammellate dei vari Dell’Angelo Custode, Lupo e Natalizio (forse più scarse di quanto millantano) e il condizionamento del potere esercitato per 5 anni.
A ben considerare lo tsunami della potenza di fuoco di sindaco, di 7 assessori, 15 consiglieri di maggioranza, piste ciclabili, parchi, vie asfaltate, rotatorie ha prodotto il topolino del consenso a Giulia Puglia inferiore a quello della coalizione di Mellone nella prima tornata elettorale 2016. Un decremento secco che dovrebbe destare allarme nelle teste d’uovo dello schieramento del rivoluzionario sindaco attuale se volessero tentare di ragionare invece di affidarsi a fideistici ottimismi. Risultato ben magro a voler riflettere senza farsi impressionare dal clamore della grancassa propagandistica melloniana.
Potrà il solo consenso personale di Mellone fornire uno spread di un ulteriore 23% di voti favorevoli necessari ad una elezione immediata? Basterà il mezzuccio della moltiplicazione delle liste e dei candidati (largamente usato anche da Emiliano) a dare quel supplemento di energia per raggiungere il 50%+1?
Certo che l’incapacità e la sostanziale inattività dei suoi oppositori superficiali, approssimativi, divisi in futili e ridicoli personalismi lo avvantaggeranno di molto. Soprattutto se non individueranno nel giro di pochissimo tempo una candidatura unitaria, forte, autorevole, ben radicata nel tessuto della collettività cittadina da opporre al trasversalismo populista dell’attuale primo cittadino.
Infine bisogna notare che sono definitivamente tramontate le velleità espansionistiche del movimento melloniano che ha dovuto vedere la sua appendice galatinese correre sì per Emiliano ma in proprio, con sua candidata in altra lista della galassia del governatore uscente; una ribellione in piena regola verso il capetto neritino di un movimento che si è sfaldato in una misera lista fai da te. Ed anche Copertino ha dato consensi minimi alla pupilla di Mellone che nel resto della provincia ha raccolto poco più della classica “manciata di voti”.
Werther Messapo