Grande confusione nel panorama politico-amministrativo di Nardò all’approssimarsi delle elezioni di sindaco e consiglio comunale della prossima primavera (covid permettendo).
La quinquennale, sostanziale inerzia dell’attuale opposizione all’amministrazione in carica continua beatamente a crogiolarsi in un misto di rassegnazione ed immobilismo che è di straordinario aiuto al sindaco in carica. La ricerca di un candidato sindaco unitario e di spessore, tale da costituire una reale e concreta alternativa all’esistente, langue.
Aldilà di alcune deboli autocandidature, palesi od occulte, non si vede niente e una strombazzata ipotesi sembra sia rapidamente affondata nello stile (già visto nel 2016 con l’inesistenza di liste,candidati e firme di presentazione) del gruppo che la caldeggiava. Addirittura questo gruppo ha visto l’abbandono di ben tre dirigenti, uno dei quali, parente stretto del candidato sindaco proposto, ha pubblicamente annunciato la sua candidatura in una delle liste di Mellone.
Una debolezza clamorosamente evidente che dovrebbe (alle stramberie non c’è mai limite) spazzare il campo da una candidatura debole e anche divisiva.
Sul fronte del sindaco uscente non mancano segnali di insicurezza. Uno stillicidio di annunci di candidature serve a mantenere accesi i fari dell’attenzione mediatica degli organi d’informazione cittadina, ma in buona sostanza sono tanti contenitori vuoti, tranne quella di qualche uscente che si è dimostrato di buona efficienza in consiglio, che attendono di essere riempiti dal consenso parentale.
Perché la strategia di Mellone sembra ripercorrere la moltiplicazione dei pani e dei pesci, pardon, delle liste già attuata alle scorse elezioni; mentre la tattica è quella di introdurre nelle cerchie avversarie candidature per minare le catene familiari, amicali e sociali alla “li spizzamu la razza”. Vedi la candidatura del nipote di un ipotizzato candidato sindaco dell’opposizione.
Proprio nessuna attenzione a migliorare la qualità del personale amministrativo a favore della comunità cittadina; del resto Mellone ammette alla sua corte yesman disposti ad accettare, senza dubbio alcuno, i suoi ordini perentori. Praticamente una deriva nord-coreana alla Kim Jong-Un cui soggiacciono, a palazzo Personè, tutti i suoi assessori e consiglieri dimostrandosi privi di ogni autonomia propositiva.
Ma Mellone dà segni di preoccupazione anche per altri versi, raschiando il fondo del barile patrocina la costituzione di nuove liste tra cui una finalizzata al ripescaggio, da polverosi magazzini, di autentici reperti archeologici politico-amministrativi che già hanno contato pochissimo nei tempi lontani della loro maturità per essere produttori solo di vuota retorica senza alcuna concreta competenza. Figurarsi ora a senescenza avanzata.
Con tanti saluti al ruolo di campione del nuovo, del giovanilismo, della rottamazione alla renziana maniera rivendicato in continuazione. Nulla di nuovo in realtà.
L’incoerenza di Mellone è infinita al punto da dire tutto e il contrario di tutto.
Nel 2016 si presentava anche come campione contro l’affarismo mostrandosi in freddo verso qualcuno con cui aveva diviso un pezzo di strada, alle precedenti comunali, e che si era lanciato nel mondo degli affari. Meglio fingendo di mostrarsi perché la doppiezza del soggetto è straordinaria tanto che oggi la freddezza è scomparsa fino a diventare una ferrea alleanza.
Il cinismo dei mezzi usati fa impallidire le teorizzazioni di Machiavelli ma è anche sintomo di insicurezza come fa pensare questa fregola a reclutare tutti. “Dalla culla alla bara” come disse il generale unionista Sherman riferendosi alle pietose condizioni degli eserciti della Confederazione degli Stati del Sud nel 1864.
Werther Messapo