Il Censis mette a nudo la crisi drammatica della professione forense, il pres. Donadei "Problema politico, occorre azione incisiva"

"Il rapporto CENSIS, elaborato su dati ufficiali di Cassa Forense, mette a nudo, impietosamente e drammaticamente, la situazione reddituale dell’Avvocatura italiana". Su 242.227 Colleghi complessivamente censiti, sono quasi 145 mila coloro che non superano i 20 mila euro l’anno, praticamente il 60% degli iscritti agli albi.
Salvatore Donadei, avvocato e presidente della Camera Civile Salentina, snocciola cifre allarmanti. "Nel dettaglio oltre 20 mila non hanno inviato modello 5 (obbligatorio) alla Cassa di previdenza, in circa 60 mila sono nella fascia di reddito tra uno e 10.300 euro ed in 45 mila dichiarano tra 10.300 e 20.107 euro. Di contro, gli avvocati “benestanti” con reddito annuo superiore a 50 mila euro non sono neanche il 20% del totale: poco più di 41 mila". 
 
Alcuni dei dati più significativi del rapporto di Cassa Forense sui numeri dell’Avvocatura 2017, che conferma una volta di più la “proletarizzazione” della professione forense. Nel documento sono indicati anche il numero e l’importo medio delle pensioni al 31 dicembre 2017, la media uomini-donne è pari a 27.403 euro. La Puglia, con un rapporto di 5,4/1000, si pone al quarto posto nella statistica sulla densità di avvocati. Dal rapporto emerge che le regioni dove gli avvocati guadagnano di più sono Lombardia (67.382 euro) e Trentino Alto Adige (63.576 euro); la Puglia, con Calabria e Molise, occupa gli ultimi posti.
 
Gli avvocati sotto i 30 anni guadagnano in media 11.334 euro, fra 30 e 34 il reddito è di 14.300, tra i 35 ed i 39 sale a circa 21.000 e tra i 40 ed i 44 sale a circa 29.000. Per un reddito superiore ai 40.000 euro, gli avvocati devono aspettare di compiere 45 anni (41.683 euro) mentre tra i 50 ed i 54 il guadagno sale a poco più di 53.000 euro. La punta massima (72.960 euro) si ha nella fascia di età tra i 65 ed i69 anni.
 
I numeri, freddi ed oggettivi, pur depurati da eventuali “furbetti” e possibili cronici evasori, dicono che esiste un problema di reddito di particolare rilevanza per l’Avvocatura italiana, e sopratutto di quella giovane. "Trattasi di un problema politico tout court - rileva Donadei - prima ancora che politico-forense, perché coinvolge e richiama alla loro responsabilità i nostri rappresentanti in Parlamento, il nostro Legislatore, con tutto quello che (non) è stato fatto anche in materia di mercato del lavoro e politiche giovanili". 
 
Il presidente della Camera Civile evidenzia come sia "Giunto il momento che tutte le Istituzioni forensi, dai Consigli dell’Ordine al Consiglio Nazionale Forense, da Cassa Forense all’Organismo Congressuale di rappresentanza politica, si facciano carico, una volta per tutte, di questi problemi, concreti e quotidiani, attuando un’azione incisiva, a tutela in primis dei loro iscritti ma, più in generale, rispondendo ad un’esigenza di carattere sociale dalle dimensioni ormai fuori controllo". 
 
"Mi è capitato, anche personalmente nel corso dell’ultima legislatura, di ascoltare Andrea Orlando, ministro di Giustizia, sulla necessità di rafforzare le istituzioni dell’Avvocatura, perché evidentemente una classe forense rappresentata in modo autorevole, acquista un peso specifico conseguente ai tavoli della politica forense e del sistema Giustizia più in generale". "È chiaro che tutte le rappresentanze dell’Avvocatura, di fronte alla drammatica crisi evidenziata nel rapporto CENSIS, devono porsi delle domande sul loro operato, hanno il dovere di cambiare marcia o, se del caso, di pensare ad un ricambio della classe dirigente. L’Avvocatura è vittima di se stessa: il CNF viene eletto con un meccanismo vetusto e molto lontano dalla base che dice di rappresentare, come dimostra, per esempio, la contestatissima scelta di lanciarsi in un’avventura editoriale costosa, antieconomica ed inopportuna per i più".
 
"Nessuno ha la ricetta decisiva, sicuramente una maggiore attenzione per la base e per i giovani, la formazione di organismi meno elitari e chiusi ma più democratici ed inclusivi, potrebbero portare ad intraprendere una via nuova. Necessita un fronte comune, scevro da demagogia, che offra programmi concreti ed il nostro tempo, col recupero di uno spirito comune, che animi e riguardi proprio tutti, e sia mosso dall’aspirazione di far recuperare l’antico decoro e dignità alla professione legale, sempre nobilissima ma oggi molto bistrattata e, verosimilmente, da reinventare".
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