Si chiama Terra di Mezzo la personale di pittura di Vittorio Tapparini che prende il via il 16 dicembre prossimo presso la Fondazione Palmieri in Vicolo dei sotterranei a Lecce. Presenta la mostra Bruno Barillari, i testi sono di Ercole Pignatelli e Claudia Presicce. Vernissage a partire dalle 19.30.
Leccese, classe '61, Vittorio Tapparini ha respirato arte nell'ambiente familiare praticamente da sempre. Figlio d’ arte del pittore Ugo Tapparini e nipote del grande poeta Vittorio Pagano, Vittorio vive e lavora tra Roma e Lecce. Da ragazzo frequenta l’ istituto d’arte per un breve periodo poi si iscrive alla Facolta’ di architettura.
Per una naturale vocazione subisce poi una sorta di metamorfosi e senza mezzi termini si avvicina alla pittura suo grande amore.
Ha al suo attivo varie rassegne d'arte nazionali ed internazionali, tra i diversi riconoscimenti il Premio Rembrandt.
Maestro che cos’è la sua “Terra di mezzo”?
“Il Salento prima di tutto che è terra di passaggio, non ci si può fermare troppo, ma bisogna andare oltre perché qui è inutile sostare in attesa. E poi è un momento di passaggio, mio personale e da un punto di vista artistico: è nella favola, la mia, nella visione più romantica e anche più reale e poetica della vita. È il luogo in cui ho riscoperto le mie origini, perché a volte cercare lontano non serve se le cose le hai già dentro di te. E credo sia anche, artisticamente parlando, una visione molto contemporanea della realtà”.
L’uso del simbolo, del colore e della figura nell’arte contemporanea: per lei che cosa sta cambiando?
“Sta cambiando per me l’idea che ci sia più voglia di vita, di bellezza, di poesia, di verità e meno di astrattezza e negatività. Ha ragione Kandisky quando dice: “Ogni dipinto è poesia perché la poesia non è fatta soltanto di parole, ma anche di colori organizzati e composti. La pittura è quindi una creazione poetica e pittorica”. Ecco allora che il ritorno alla pittura pura è un ritorno alla voglia di vivere, di superare tanta bruttezza e tanto dolore che ci circonda e che da anni descriviamo nell’arte. Credo che ora basti lamentarsi e che sia tempo di una stagione nuova in cui le arti in generale siano chiamate a riformulare un nuovo Rinascimento. E da dove si ricomincia se non c’è un nuovo racconto?”.