Da qualche tempo a Nardò si vedono cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi. E’ il caso delle centinaia di dissuasori in plastica collocati lungo la strada panoramica che costeggia l’area protetta di Portoselvaggio. I paletti in contrada Cucchiara ovvero sulla strada che da S. Caterina conduce a S.Isidoro, punteggiano la litoranea trasformando il percorso in area Parco in una sorta di pista di atterraggio.
A seguito di una conferenza di servizi e dell’acquisizione dei pareri favorevoli della Regione Puglia, Provincia e Soprintendenza archeologica, Belle Arti e Paesaggio nei mesi scorsi il Comune è riuscito a definire il progetto esecutivo dell’intervento che è finanziato in parte, con circa 34mila euro, da un apposito piano di tutela ambientale della Provincia. L’intervento prevede innanzitutto l’azione di contrasto ai parcheggi selvaggi tramite delineatori stradali già posti ai margini della provinciale. Una “tipologia – dicono da Palazzo - individuata con precisione dalla Provincia di Lecce in sede di conferenza dei servizi, anche in virtù delle prescrizioni del codice della strada”.
Ecco perché dunque si è optato nello specifico, per i delineatori bianchi con fascia nera posta nella parte superiore, nella quale devono essere inseriti elementi rifrangenti.
I paletti in un numero spropositato (costati 34 mila euro con finanziamento del Piano della Provincia di Lecce) nelle intenzioni, avrebbero dovuto impedire la sosta incivile e selvaggia lungo strada Cucchiara, un deterrente che pare essere comunque ignorato. La loro posa avrebbe dovuto far attivare nell’area parcheggio le strisce blu ed i relativi parcheggi a pagamento. Ma che senso ha attivare le strisce blu a stagione estiva oramai quasi in archivio?
Sulla vicenda occorrerebbe accendere un faro non solo rispetto ai costi esorbitanti dei paletti e relativa collocazione. Occorrerebbe inoltre verificare il rispetto delle norme dei parcheggi di proprietà di privati spuntati nel frattempo come funghi e attivati nelle immediate vicinanze. Nel nostro Paese abbiamo tante leggi e troppa burocrazia ma mi sembra assurdo che rispetto ad un’area Protetta non si agisca con la dovuta sensibilità e con la dovuta prudenza, tutelando una delle strade più suggestive del litorale salentino.
Ritengo assolutamente sbagliata tale scelta e sarebbe opportuno sollecitare una immediata rimozione delle “paline”, sollecitando piuttosto i vigili urbani a multare quanti parcheggiano in una zona in cui è fatto divieto di sostare o parcheggiare l’auto. I paletti bianchi, escogitati da chissà quale mente per la loro inconsistenza ed anche per la insita “bruttura” architettonica, non solo hanno finito per deturpare la bellezza di uno degli scorci più suggestivi della costa ma potrebbero nel contempo rappresentare un pericolo.
Come ha infatti evidenziato il Centro Studi Salento Nuovo “La viabilità pedonale è pericolosa. I pedoni sono costretti a slalom tra i paletti e la strada. La parte di strada che dovrebbe essere "pedonale" spesso impraticabile per dimensioni e presenza di erbacce. Non vi sono inoltre piazzole dove mezzi di soccorso possano sostare o fermarsi anche qualche minuto. I residenti penalizzati. La zona interessata è frequentata praticamente per quaranta, cinquanta giorni l'anno da turisti. Il resto dell'anno siamo soprattutto noi neritini a farne uso”.
Una consigliera di Andare Oltre (Ma non si sa dove) parla addirittura di “Iniziativa utile, decorosa, bella e indispensabile, e che giunge dopo decenni di anarchia e pericolo, con file di automobili che invadevano la carreggiata”.
Sul concetto di bellezza evito anche di disquisire, sarebbe sicuramente un gesto nobile non dover assistere impotenti alla realizzazione di brutture che spesso sono realizzate senza criteri e senza alcuna logica. O ancora con materiali assolutamente non idonei: nella fattispecie la plastica.
Anche lo scrittore Livio Romano lo ha definito un obbrobrio. “Si sarebbe potuto prestare maggiore attenzione all’ambiente circostante, dove nessuno si sognerebbe mai di realizzare una pista di atterraggio”.
E non è certo un’autorizzazione o una leggina, verrebbe da dire, a rendere coerente un manufatto. E’ come realizzare una sopraelevazione su una costruzione antica ad esempio dei primi del ‘900. E’ legale ma si autorizza la realizzazione di un falso storico, ed alla Soprintendenza dovrebbero saperlo. Si realizza un obbrobrio approvato che rispetta la legge ma che non ha alcun senso perché calpesta l’ambiente, il paesaggio, la verità della storia ed il buon gusto.
Marco Marinaci
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