L’estate che verrà è un’incognita rivestita, almeno in teoria, di plexiglas. Ombrelloni distanziati, dispenser ovunque per le sanificazioni e prenotazione obbligatoria online del proprio posto in spiaggia. Il ministro ai Beni culturali, Dario Franceschini, ci ha regalato un’altra novità: le concessioni marittime saranno prorogate fino al 2033.
Abbiamo intervistato l’avvocato leccese Roberto Marra, esperto amministrativista e già Presidente della Camera Amministrativa. Avvocato Marra, con la scusa del Covid, non rischia di passare una norma che fa a pugni con la normativa europea e che pare una sorta di scippo nei confronti di un bene, il demanio, che appartiene a tutti?
La situazione degli stabilimenti balneari è frutto di un paradosso tutto italiano, l'abolizione del secondo comma dell'art. 37 del codice della navigazione, che tutelava il cosiddetto diritto di insistenza del concessionario uscente, è stata disposta fin dal 2008 in armonia con la normativa europea, che con la direttiva Bolkenstein apriva alla concorrenza i servizi connessi alla gestione di porzioni del demanio costiero. Da allora, verosimilmente in ossequio ai desiderata della lobby dei balneari, non solo il vuoto normativo non è stato colmato, ma sono state disposte una serie di proroghe automatiche, dapprima fino al dicembre 2020 poi fino al 2033, sulla promessa della emanazione di una normativa organica che finora non ha visto la luce. L'idea di utilizzare il Covid a pretesto per legittimare ulteriori proroghe automatiche è frutto di un atteggiamento furbo e compiacente, purtroppo diventato usuale per la politica italiana.
Nessuna gara pubblica né tantomeno alcuna riassegnazione delle concessioni. Col rischio che l’Italia, però, potrebbe incappare in una nuova sanzione europea per via della direttiva Bolkestein che, invece, obbliga i Paesi membri all’assegnazione di spazi pubblici dopo appunto una gara. Cosa ne pensa?
Qui sta il paradosso: la questione riguarda non tanto le sanzioni europee, quanto la legittimità della conduzione di pezzi del litorale sulla base di concessioni scadute. La primazia del diritto comunitario su quello nazionale impone di disapplicare le disposizioni di legge non in linea con le direttive europee; questo pacifico principio di diritto ha trovato recente autorevole conferma in relazione alle concessioni demaniali nella Sentenza della Sezione VI del Consiglio di Stato n. 7874 del 18/11/2019, che in via incidentale ha ribadito l'inoperatività della proroga stabilita con la legge italiana. Possiamo continuare a far finta che le concessioni scadute siano ancora legittimamente esercitabili?
Le cifre del business sarebbero da capogiro, milioni di euro in pochi mesi, pur pagando canoni demaniali a dir poco ridicoli: spesso poche migliaia di euro all'anno, pari al costo dell'affitto di un’abitazione. Viste da questa prospettiva, le spiagge pugliesi sembrano essere un affarone solo per la categoria di chi gestisce il demanio.
La mia idea personale è che una intelligente pianificazione debba far coesistere la presenza di stabilimenti balneari attrezzati con la possibilità di fruizione delle coste in adeguate porzioni di spiagge libere. Nei primi dovrebbe essere consentito di soddisfare la domanda di svago, anche al di là della sola balneazione ma nel pieno rispetto dell'ambiente; sull'altro versante le spiagge libere dovrebbero essere adeguatamente proporzionate su spazi ampi e congrui, fermo restando che anche la loro fruizione non può essere incondizionata: idonei parcheggi o servizi navetta per esempio appaiono indispensabili a tutela dell'ambiente. Ciò premesso è conseguente che l'assegnazione delle concessioni mediante gara consentirebbe di determinare canoni adeguati e redditizi per le casse erariali.
In passato le concessioni venivano rilasciate addirittura su richiesta degli interessati e solo successivamente si sono incominciati a vedere i piani di utilizzo dei litorali predisposti dai Comuni ed approvati dalla Regione. Anche in virtù di questi piani, utilizzati per razionalizzare l’esistente e a volte per legittimare situazioni illegittime, le nuove concessioni sono state date addirittura con assegnazioni dirette. Con il paradosso di litorali “feudo” trasmessi praticamente da padre in figlio neanche fosse un marchesato…
Non c’è più spazio per assegnazioni dirette né per rendite ereditarie, le concessioni debbono essere assegnate solo mediante procedure di gara di evidenza pubblica, ed in coerenza con la redazione di piani a valenza urbanistica indispensabili per definire la vocazione di ogni porzione di litorale.
Da un’indagine del WWF risulta che gli stabilimenti con le strutture più pesanti hanno concessioni tra i 20 e i 25 anni. “A volte si tratta di veri e propri villaggi recintati: dotati di piscina, palestra, iacuzzi, ristorante, negozietti oltre alle solite, cabine, bagni e docce costituiscono un’insieme dove ombrelloni e sdraio sono l’appendice che giustifica la concessione demaniale”. Ci sono imprenditori che gestiscono pezzi di litorale da oltre mezzo secolo…
Ribadisco che a monte di tutto ci deve stare una pianificazione intelligente delle coste, che deve prioritariamente garantire la libertà di fruizione di un bene che è di tutti e comunque la migliore utilizzazione a fini economici delle porzioni di litorale a tanto vocate; a tali condizioni può darsi spazio anche a concessioni per così dire pesanti se soddisfano una domanda e creano ricchezza. Spetta però al pianificatore imporre se necessario la rimozione delle strutture fisse, in coerenza con i criteri ispiratori del piano e la tutela dell'ambiente.
Sarebbe scaduta il 31 dicembre 2020, ma alcuni comuni pugliesi attraverso apposita delibera di giunta hanno esteso le concessioni nei confronti delle strutture che non sono in contrasto con il Piano Comunale delle Coste. Ritiene che sia rispettoso della norma, quando anche il Consiglio di Stato si era espresso in maniera negativa?
Nessuna proroga è a mio giudizio legittima, né a dicembre 2020, né al 2033: eventuali provvedimenti presi in tal senso dai Comuni non reggerebbero con ogni probabilità al vaglio del giudice amministrativo, se dovessero essere impugnati.
Si sta discutendo, alla luce delle misure anti covid e della crisi economica, della possibilità di far gestire ai privati anche tratti di spiaggia libera. Cosa ne pensa?
Il Covid e la crisi economica non possono costituire pretesto per l'adozione di misure funzionali alla creazione di rendite di posizione che, per come vanno le cose da noi, una volta attivate sarebbero di difficile o impossibile rimozione. Un legislatore lungimirante utilizzerebbe l'emergenza per gettare le basi della riforma del settore forgiando gli strumenti normativi per avviare e concludere velocemente le procedure di gara.
Le misure di distanziamento previste dalle disposizioni sanitarie (che presumibilmente saranno estese all’intero arco della stagione estiva) imporranno ai gestori di adeguarsi e di investire. Crede che si possa salvaguardare la prossima stagione?
La sola idea del plexiglas sulle spiagge mi fa inorridire; io penso che la responsabilità individuale debba evitare che si possa rimanere intrappolati in gabbie per topi. Per la verità credo che l'unico modo per salvare la stagione sia di chiudere i confini geografici della regione e limitarci al turismo interno, potrà consentirsi l'accesso da fuori regione a chi si sarà sottoposto con esito favorevole al tampone o ad uno screening sierologico; anche così l'epidemia ripartirà, ma in misura contenuta ed adeguatamente fronteggiabile.
Questo regalo agli imprenditori del settore ha creato forti malumori e grande dissenso in varie realtà locali. In che modo, a suo avviso, si potrebbe ripristinare un diritto che pare calpestato?
Lo Stato deve fare il suo dovere per eliminare le rendite di posizione, favorire la concorrenza e garantire la fruizione di ampie spiagge libere. Attenzione però, il quadro normativo che andrà approntato dovrà evitare che le nostre coste vengano fagocitate dai grandi gruppi imprenditoriali italiani o del nord Europa. Sarebbe ancora più triste che gli attuali stabilimenti vengano soppiantati da strutture finte e spersonalizzate, tutte uguali come gli autogrill in autostrada.
Marco Marinaci