Ho chiesto al professor Mario Mennonna, appassionato e profondo conoscitore e cultore di Storia Locale e saggista, un approfondimento riguardo la scelta, non esente da critiche, da parte dell'amministrazione comunale guidata da Mellone di dedicare l'Urban Park a Franco Plantera, esponente politico del passato legato alla Democrazia Cristiana. L'approfondimento è tutto da leggere.
Ti ringrazio, Marco, per avermi invitato ad intervenire sull’argomento che cercherò di tratteggiare. La notizia che al compianto amico Franco Plantera sia stata assegnata la dedicazione dell’Urban Park, sorto in zona Incoronata, non può non ingenerare in me che gioia.
Questo in nome della lunga amicizia fraterna e della militanza politica nella Democrazia Cristiana e, quasi sempre, negli orientamenti interni, prima come «Amici dell’on. Moro» e, poi, come «Forze Nuove» di DonatCattin.
È stato un esponente di spicco della Dc e della politica locale per lunghi anni, avendo svolto ruoli di primo piano sia nel Movimento giovanile sia come segretario politico della sezione «A. De Gasperi» dal 1980 al 1983 e, quindi, segretario cittadino dal 1983 al 1993.
Per questo, a dire il vero, mi ha positivamente sorpreso che l’Amministrazione Mellone dedichi ad un esponente della Prima Repubblica, ritenuta rea di nefandezze, come lo stesso ex Palazzo di Città, fatto abbattere quale «ecomostro» cittadino. E, poi, ad un esponente, anche se non direttamente responsabile in quanto non amministratore pubblico, ma responsabile delle scelte che le Amministrazioni comunali a guida sempre Dc, di cui era stato per anni al vertice politico, compivano in quello stesso periodo.
Si tratta anche di quegli anni che hanno visto ergere l’«ecomostro», che, a quanto sembrava, conservava, nonostante gli anni, ancora una forza strutturale e un punto del polo di sviluppo della città, così come si era prefigurato nell’ambito dell’asse Gerontocomio-Chiesa e Convento dell’Incoronata-Palazzo di Città.
Quest’ultimo, in una visione strategica e non improvvisata, doveva sorgere in un parco di 3 ettari e doveva qualificare quella zona ovest di Nardò. I finanziamenti per opere pubbliche, come ben si dovrebbe sapere, avvenivano a stralci e a discrezione della Regione, di cui dava soltanto la garanzia facendo assumere l’onore degli interessi dei mutui ai Comuni obbligati, a proprie spese, ad accendere.
Né il Comune di Nardò, come gli altri, poteva a proprie totali spese finanziare un’opera, pur valida, come il Palazzo di Città o il Gerontocomio, ma non indispensabile come poteva essere un edificio scolastico, allorché gli esistenti erano sempre insufficienti per l’aumento della popolazione scolastica, costretta spesso ai doppi turni.
Al di là di queste considerazioni tecniche, riconfermo la mia gioia per l’amico Franco Plantera e per la scelta dell’Amministrazione Mellone di superare la visione manichea: i cattivi nella «vecchia» gestione e i buoni nella gestione odierna. E poi il riconoscimento a Franco Plantera, checché si pensi, è un riconoscimento della validità delle opere del passato, compreso il Palazzo di Città e il parco annesso, ormai inesistenti. Questo ora porta il nome di Franco Plantera, per il quale, a domanda chi mai fosse stato questo personaggio, bisognerà rispondere che il sindaco Mellone ha voluto onorare un esponente di spicco della Democrazia Cristiana e della Prima Repubblica.
Questo fatto può essere una breccia e rappresentare quella rivoluzione tanto evocata?
Mario Mennonna