Mettendo da parte ogni polemica ed ogni strumentalizzazione sul post su Facebook abbiamo ascoltato Attilio Matrangola, una posizione la sua ed una scelta frutto di "un amore viscerale per la storia e per la verità". Sulla vicenda i contributi di Giovanni Però vice sindaco all'epoca della Fonte e dello storico locale e saggista Mario Mennonna.
Lo scorso 4 febbraio si è concluso il ciclo dei film per la TV liberi sognatori, trasmessa in prima visione su Canale 5 a partire dallo scorso 14 gennaio. Dopo aver raccontato le vicende di Libero Grassi, Mario Francese ed Emanuela Loi, è stata la volta di Renata Fonte, da cui il titolo dell'episodio "Renata Fonte. Una donna contro tutti". In un post pubblicato su Facebook dalla sua attuale moglie Antonietta Contaldo, Attilio Matrangola, vedovo di Renata Fonte sente “La necessità di esprimere pubblicamente la sua opinione, relativamente alla fiction su Renata, andata in onda l’altra sera”. “Gli accadimenti narrati sono stati riportati malamente e i personaggi, in particolare Renata in maniera scialba e io come il "pirla" di casa, ma assicuro tutti che non lo ero e non lo sono!” Ho incontrato Attilio Matrangola nella sua casa di Nardò dove vive insieme a sua moglie. Un ritorno a casa il suo, dopo essere stato per lungo tempo e per lavoro a Milano. Se devo essere sincero mi ha colpito la sua decisione di non abbandonare Nardò dopo una vicenda così tragica…
“Devo dirle che ci ho pensato diverse volte, ritengo di essere comunque legato a questa terra e a questa città, ho vissuto a Milano per lungo tempo, per via del lavoro, poi la scelta di rientrare”. Dice di avere “un amore viscerale per la storia e per la verità”. Forse parte da lì la decisione di affidare ad un social network un disagio frutto di una evidente distorsione della realtà. Una versione stravolta dei fatti che non ha assolutamente tollerato. Nel post riferisce di non essere stato “neppure interpellato dalla casa cinematografica ma tutto è stato concordato con le mie figlie che pur di riproporre continuamente e instancabilmente al pubblico, in ogni forma possibile (film, documentari, rappresentazioni teatrali, libri ecc.) la figura della loro mamma, hanno prestato poca attenzione alla qualità del prodotto finale che comprende (ahimè) notevoli distorsioni della verità storica!”
La fiction fa emergere una figura scialba e un po' appiattita. Eppure Attilio Matrangola, un cognome che tradisce origine foggiane, pur essendo schivo, ha ricoperto sul piano lavorativo ruoli di grande responsabilità ed anche in virtù della sua attività, ha girato il mondo. Uno degli ultimi incarichi, una consulenza, l’ha svolto presso l’aeroporto internazionale di Baghdad in Iraq, ma è stato praticamente in tutti gli aeroporti italiani. Incarichi gravosi se non altro per gli impegni assunti e le responsabilità. Che richiedono competenza.
“Ero responsabile dei servizi radar dell’aeroporto di Linate”. “E’ stato il mio ultimo incarico”. Si schermisce, non ama né i clamori, né le interviste. Attilio non condivideva l’esperienza politica di Renata che finiva “per sottrarre tempo all’educazione delle figlie e alla famiglia”. E poi è stato sempre contrario, da sempre lontano per sua scelta anche perché “allergico alla politica razzolante di paese”. Ora, se soltanto avesse avuto sentore di minacce incombenti, così come ha per altro riferito durante il processo, molto probabilmente, un uomo con la testa sulle spalle quale è, l’avrebbe costretta ad abbandonare definitivamente l’attività politica. Non ci sono dubbi a riguardo.
Attilio Matrangola ha sempre messo la famiglia in cima, prima di tutto. E non ha tratto alcun vantaggio economico da questa vicenda. Dimostrando, se non altro, un senso profondo di altruismo ed una generosità forse inusitata. Emerge una figura ben diversa da quella tratteggiata nella fiction andata in onda su canale 5. Nel post affidato ai social evidenzia che “Fermo restando il rispetto che ho sempre nutrito verso le idee di principio espresse da Renata ed ammirato la tenacia con cui ha sempre affermato i suoi scopi sociali, ritengo che dopo tanti anni sarebbe bene lasciarla in pace e possibilmente evitare le conseguenti infinite polemiche che ogni volta, oltre a colpire le dirette interessate, mi coinvolgono incolpevolmente e mio malgrado!”
Dopo la “Posta in Gioco” prodotta da Carmine De Benedittis, per la regia di Sergio Nasca, la fiction interpretata da Cristiana Capotondi, probabilmente ancora meno aderente alla realtà dell’interpretazione di Lina Sastri. Le riprese della fiction diretta da Fabio Mollo, sono state realizzate a Nardò, e raccontano la “Lotta di Renata contro la speculazione edilizia, che ancora oggi minaccia col cemento la natura incontaminata di un luogo splendido”. Ma proprio la vicenda di una presunta speculazione stride fortemente con quanto in realtà è accaduto. Renata Fonte nasce il 10 marzo 1951 a Nardò e ben presto decide di entrare in politica, tra le fila del PRI (Partito Repubblicano Italiano), è da evidenziare che si tratta di un Partito che è sicuramente una forza minoritaria, i tempi della politica vengono scanditi da Dc e Socialisti. Riceve la delega alla Pubblica Istruzione, e alla cultura e non si occupa né di urbanistica né di Ambiente. Né vi sono ad oggi atti che attestino presunte prese di posizione a difesa o a tutela di un’area che è già destinata a diventare parco. Verrà assassinata la notte del 31 marzo 1984 a Nardò, dopo aver lasciato un consiglio comunale fiume, ad appena 33 anni.
UN DELITTO VILE E ABIETTO – “Porto Selvaggio era già area destinata a parco (Il Parco Naturale Attrezzato della regione Puglia, nasce in base alla legge regionale n° 21 del 24 marzo 1980)”. Giovanni Però era vice sindaco, e assessore ai lavori pubblici, l’urbanistica era invece una delega ricoperta da Pippi Zacà del partito liberale. Il primo cittadino all’epoca era Benedetto Leuzzi. Secondo Giovanni Però “la Mafia non centra nulla, è un delitto vile e abietto ma che nulla ha a che fare con la criminalità organizzata”. Il Parco tra opere, realizzazioni interne ed espropri avrebbe dovuto avere un costo di circa 15 miliardi di vecchie lire. Una cifra enorme per quei tempi. “Considerare Renata Fonte una vittima di presunte speculazioni edilizie su Porto Selvaggio – evidenzia Però che è stato anche sindaco della Città - è un’aberrazione ed un grave errore storico”.
LA VERITA’ RICHIEDE CORAGGIO E RISPETTO - Dello stesso avviso Mario Mennonna docente, storico locale e saggista: “Non entro nel merito della fiction su Renata, in quanto si è trattato di un’operazione che ha offeso la verità storica (anche in riferimento al consultorio familiare e/o al centro antiviolenza a lei attribuiti) e con essa la città di Nardò, la classe dirigente, la stessa Renata e Attilio, suo marito, nel mentre esalta il dott. (?) Spagnolo, che diventa addirittura affabulatore e perspicace politico sì da far zittire e coinvolgere politici e tecnici locali, presenti in una fantomatica commissione urbanistica”.
“Per quanto riguarda la vicenda di Renata sarebbe opportuno che, da una parte, si smettesse di dire e ridire, e che, dall’altra, se si deve riproporre la vicenda, si ripercorressero i tempi e le tappe, gli atti e gli articoli di giornali, gli interventi e i dibattiti, le trasmissioni radiofoniche, ecc. Non esiste niente che riguardi l’ambiente e, ancor meno, Portoselvaggio, che anche dalla lottizzazione prevista in Piano Regolatore Generale non era oggetto di interventi edilizi, mentre lo era “La Lea”, località attigua alla pineta”.
“E comunque, già prima che Renata venisse a Nardò, il territorio in questione era stato dichiarato Parco naturale regionale. Esisteva un Piano Regolatore Generale, le cui previsioni non potevano essere trasformate semplicemente da una commissione edilizia con arbitrio e da un Consiglio Comunale (tutto connivente!) con una variante, bensì necessitava dell’approvazione da parte della Regione Puglia”. “D’altra parte la Magistratura nella sua sentenza, nel mentre individua con certezza e condanna con giusta causa all’ergastolo il mandante Spagnolo, parla di ipotetici interessi di questo personaggio e di ipotetici altri personaggi interessati (Portoselvaggio o altro territorio) senza andare in fondo, lasciando nel vago e nel supposto, laddove tutto è possibile e tutto è impossibile. Io -come tutti i veri amici di Renata- ci saremmo augurati una vicenda diversa affinché Renata potesse, nella verità storica, essere vittima di un qualcosa di spessore e di importante, ma purtroppo non lo è stato”.
LE NUOVE GENERAZIONI HANNO BISOGNO DI VERITA’ – “Vogliamo continuare a creare miti? Facciamolo pure. Ma ad offendere prima di tutti è proprio Renata, donna straordinaria, impegnata e impregnata di legalità, autentica, vittima già di per sé martire, perché uccisa dalla violenza per biechi interessi di un avventuriero”. “Le nuove generazioni – conclude Mario Mennonna - hanno bisogno di verità e la verità richiede coraggio e rispetto, forza morale...anche a costo di andare contro mitiche e sublimanti affermazioni che toccano propri amici...e Renata, proprio per quello che è stata e per quello che ha subito, continua ad essere rispettata, ricordata con tanta nostalgia, tanta stima e tanto affetto”.