Editoriale: ogni biblioteca utile ad ammassare riserve preziose contro l'inverno dello spirito e gli incubi in tuta acetata

Nardò “accende” il Natale. Ma sotto l’albero ed i lustrini divampano le polemiche. Lo scorso 28 novembre l’amministrazione ha chiamato a raccolta, in tempi di Covid-19 e di assembramenti da scongiurare, la comunità per presentare in piazza Salandra il pomposo quanto velleitario Christmas Light Festival.

Uno spettacolino luminoso un po' pacchiano che, nelle premesse di un governicchio arruffone arrogante e tracimante di provincialismo, avrebbe dovuto candidarsi ad essere uno dei più spettacolari in Puglia in questo Natale 2020. Neanche fino ad oggi avessimo vissuto nelle caverne. Come già intravisto con le prove dei giorni scorsi, sugli edifici vengono proiettate immagini che nascondono ora un pregevole monumento, ora la fontana del toro. “Senza intaccare, - promettono - e per colmo di buona sorte - modificare o deturpare il muro di costruzioni e monumenti”.

Ma in città e nel Salento tiene banco, ancora adesso, la storia triste del CRSEC, il Centro Regionale per i Servizi Educativi e Culturali destinato a chiudere i battenti dopo anni di impegno al servizio della comunità. Dopo gli interventi di diversi operatori della cultura, dopo Giovanna Sasso, Livio Romano e Mauro Marino, ci degna di una risposta (Di solito quest’amministrazione non risponde mai e tace e fa finta di niente) l’ex presidente del consiglio comunale Tollemeto.

Che pontifica tentando di smentire tutti quelli (E sono Tanti) che hanno accusato l’amministrazione comunale di voler chiudere la biblioteca, “si sbaglia di grosso – obietta Tollemeto - neanche scendesse dal pero -  al contrario l’amministrazione vuole dotare Nardò di un polo bibliotecario moderno, dotato di servizi efficienti, che possa garantire agli utenti la possibilità di frequentare una biblioteca in ogni ora del giorno. Un polo bibliotecario unico, che sia capace di essere in rete con altri soggetti, così come suggerito da ogni buona prassi di attività culturale”. Poi la frase sibillina e diaciamo la verità un pò stonata: "La strategia per il presente e per il futuro, alla luce di ciò, – spiega ancora Ettore Tollemeto – non può essere quella di tutelare l’interessi di pochi". Verrebbe da chiedersi chi sarebbero i pochi? Allude al personale? E se anche fosse, Mellone non è forse il sindaco di tutti?

Commenta sulla sua pagina social lo scrittore Livio Romano:"La solita abilità nel dire tutto e il contrario di tutto, nel rassicurare che tanto ci son loro che son tanto yeah e cool e smart e, badate bene, masticano anche l’inglese con tutte queste parole british che dal mio punto di vista più che dare un’idea di progresso rivelano solo un patetico provincialismo (stesso atteggiamento usato quando chiamano, sic!, “urban park” un giardinetto)".

E insomma - continua Livio Romano - non fatevi ingannare dalle panzane malamente incollate insieme dall’Assessore. Il disegno è chiarissimo. “Ridefinire, con una chiara strategia politica, il ruolo del Cresc nella nostra città”. Traduzione: “Toglierci dai cabasisi questi operatori radical chic che non capiscono quanto siamo, oh yeah, moderni, e trasformare tutto il chiostro in un paese dei balocchi di caffetterie, ludoteche, per carità qualche libro ché sennò non sembra troppo fico, e dare in gestione gli illustri immobili [recuperati dalla giunta Risi] a chi pare a noi”.

Mentre il buon Tollemeto si arrampica sugli specchi la biblioteca rischia di essere trasferita in quel di Galatone. Sull’utilità delle biblioteche le parole più belle le ha spese Margherite Yourcenar nel suo “Memorie di Adriano” rammenta che “fondare biblioteche è un po' come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi – mio malgrado, vedo venire”.

Amava dire Luciano De Crescenzo “La vita potrebbe essere divisa in tre fasi: RivoluzioneRiflessione e Televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali.” Il rivoluzionario de' noantri pur di essere eletto si è proposto come una sorta di moderno Zapata. Aveva annunciato e promesso di voler riaprire l’ospedale, chiudere Castellino, impedire la cementificazione della Sarparea, attuare al posto della condotta  a mare lo scarico zero. Ma poi ha finito per conformarsi, asfaltando due strade, realizzando uno spazio verde senza alberi, ed un lungomare realizzato non già coi finanziamenti comunitari, ma solo grazie ad un prestito “monstre” che ingesserà i bilanci futuri della città. Ha gettato la spugna come un pugile suonato ed ha rinunciato al sospirato cambiamento.

Oggi mentre ogni giorno spunta nei manifesti 6X3 qualcuno che ha deciso di sfidare il fato e la sorte candidandosi con LVI sfoggiando inspiegabili sorrisi smaglianti e inconsapevoli, il nostro contempla il mare in giacca da camera, e riflette sul suo futuro a tinte fosche. Con quel passato che avrebbe voluto cancellare ci va a braccetto, ed in un mio incubo recente ho sognato LVI in tuta acetata (Con i colori del Milan) mentre faceva jogging sul lungomare con un’esponente politico del passato, oggi sua sfegatata sostenitrice. Era anche lei in tuta acetata. Con gli stessi colori. Se dovesse ciccare la rielezione “domani” sarà costretto a cercarsi un lavoro vero, servigio quest’ultimo che non ha mai neppure lontanamente sperimentato. A volte i sogni di gloria vanno in fumo e le certezze hanno i piedi d’argilla.

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