La favoletta di Mellone “rottamatore” di tutta la vecchia politica di Nardò è crollata miseramente. Già dal suo insediamento come sindaco Mellone si era contraddetto subito recuperando buona parte del vecchiume partitocratico neritino. Millantavano un appoggio al ballottaggio che non c’era stato se non marginalmente.
E Mellone aveva abboccato anche perché voleva abboccare, aveva necessità di esperti “manovrieri” delle pratiche amministrative che gli sbrigassero il lavoro di base nei meandri della burocrazia. E che lo mettessero in relazione con il potere regionale, compreso quello delle retrovie dove imperava ed impera qualche “prescritto”.
Poi ha lentamente, ma inesorabilmente, perseguito una linea di alleanze sotterranee e di annessione di molti esponenti di tutte le stagioni amministrative passate ancora disponibili su piazza. Sotto molteplici aspetti come la gestione clientelare della toponomastica, con facilitazioni a soggetti contigui ai vecchi ras, con aperte candidature di ex-assessori del suo predecessore, con persuasive tecniche di convincimento di personaggi di tutt’altra estrazione (sotto il manto della trasversalità), col recupero di vecchi sodalizi che fingeva fossero incrinati da tempo. Anche con nomine in organismi dove il Municipio ha titolo ad indicare componenti.
In poche parole Mellone ha inglobato tutto il possibile senza preoccuparsi di contraddizioni che l’elettorato disattento non percepisce.
Il fascino del potere lo ha aiutato in questo ramazzare tutto e il contrario di tutto ma invece di essere un segno di forza è un segno di debolezza, invece di modificare la società neritina si è adattato lui agli andazzi pluridecennali di Nardò. Ha stravolto totalmente le sue impostazioni iniziali per mantenere quel potere che i suoi compagni di ventura di 5 anni fa non potevano garantirgli.
Per giungere all’apoteosi di alleanza con soggetti con cui nutriva un reciproco odio viscerale. Ma Parigi val bene una messa e gli odi vengono seppelliti con rapidità nel segno di un altrettanto reciproco cinismo mercantile.
Mellone aveva già dimostrato il suo cinismo nelle elezioni del presidente della Provincia di Lecce; nella notte tra il sabato e la domenica elettorale sposò il candidato della sinistra Minerva dopo aver lasciato intendere fino alle mezzanotte di essere a favore di Marra del centrodestra.
Adesso, e lo avevamo preannunciato, è pronto a riposizionarsi di nuovo anche in funzione dei sondaggi disastrosi, a livello nazionale, per la sinistra e per Emiliano suo padre putativo.
In questa ottica stringe alleanza a livello comunale con esponente, in totale e irreversibile calo di consensi, del centro destra con cui aveva condiviso l’odio reciproco di cui sopra. Alleanza mediata tramite la candidatura di congiunta del vecchio esponente (in politica da 35 anni), e se non è un segno di debolezza questo…
In realtà questo signore può ben essere un maestro di Mellone per essersi prestato ad analoghi trasformismi, col misero distinguo tra politica amministrativa e politica nazionale, pur di rimanere a galla con la violenta reazione del Mellone, non ancora Asfaltatore, di 10 anni addietro. E finirono alle udienze in tribunale.
Oggi si riappacificano. Improvvisamente ma non tanto. Infatti l’azione ha preso le mosse già in inverno con la candidatura di un dirigente giovanile di FdI, poi con la figlia dell’ultima portavoce nota di FdI a Nardò. Ed ora con la figlia, prevale la linea matriarcale, di questo vecchio politico. E con una presentazione, quest’ultima, in pompa magna insieme sì a due, politicamente carneadi, candidati ma che era a glorificazione della candidatura femminile dell’ex leader di FdI a Nardò. Con la soddisfazione di tutte le decine di candidati che non hanno avuto ingressi trionfali simili.
Ma in FdI si assiste a strane adesioni, anche queste di personaggi vetusti, che lasciano presagire movimenti tellurici. Non dimentichiamo che FdI è in mano all’uomo di Maglie.
Ma queste manovre dicono che Mellone non è proprio tranquillo come ostenta. Anche nella pochezza dei suoi avversari.
E magari ha anche sollecitato l’appoggio di un senatore della Lega, partito che prima disprezzava apertamente, che anche lui ha un buon bagaglio di giravolte.
Tutti segni di debolezza di chi è senza dubbio in vantaggio ma teme ribaltamenti simili a quelli di 5 anni addietro. Possibili solo se l’elettorato non si farà oscurare la vista dal fumo di tanti lavori pubblici inutili ma necessari per gestire appalti ed incarichi. Solo alcune sistemazioni recentissime, in dirittura elettorale, di zone mai urbanizzate hanno senso e sarebbero state necessarie prima di rondò, ciclabili e passaggi pedonali rialzati.
Werther Messapo