L'approfondimento del biologo Giampiero Dantoni, "Antropologia di un “femminicidio”"

«Ero casta, e mi hai contaminato; ero pura, e mi hai riempito le vene di fuoco… Che farò senza di te?»
Oscar Wilde, Salomé
 
L'assassinio di una donna, come quello di Giulia Cecchettin, è più che un omicidio, è “femminicidio”. Il neologismo fu introdotto dal libro qui citato (1).
Normalmente dovrebbe essere chiamato “donnicidio”, infatti gli autori del libro lo definiscono “Un omicidio delle donne da parte degli uomini per il fatto di
essere donne”.Invece no: si vuole per forza sostenere la tesi di omicidio di genere. Cioè, l’uomo ucciderebbe la “sua” donna dopo aver scoperto che colei
che frequenta, vive o fa coppia è femmina, cosa evidente sin dall'inizio della relazione. Quindi il movente non può essere il genere, l’essere femmina, bensì
l';evento scatenante o movente, qualcosa maturato nella mente del maschio, per così dire, autore dell'insano gesto. Forse il senso dell’etichetta di femminicidio può dipendere dal fatto che la donna sia ritenuta, insieme con bambini e vecchi, parte relativamente fragile o meno forte? Vediamo se questo è sempre vero. A smentire questa visione della presunta incapacità delle donne di difendersi ed offendere ci pensa una studiosa donna, Suzanne K. Steinmetz, che nel rapporto “Encyclopedia of Domestic Violence” (a cura di Nicky Ali, New York 2007, pp. 53-59), alla voce “battered husbands” (mariti picchiati), calcola che la
percentuale media di mogli vittime di violenza sia del 26%, contro una del 39% dei mariti. Vi sarebbero quindi più mariti percossi, minacciati, umiliati che
mogli, dunque sarebbe più grave la violenza domestica femminile che maschile. Inoltre se consideriamo la violenza psicologica ed economica di moltissime
donne verso gli ex mariti, che sono rovinati economicamente, spesso socialmente da false accuse, così indotti al suicidio, in Italia nel solo anno 2009
ci sono stati 200 suicidi di padri separati. Una cifra superiore al totale dei cosiddetti “femminicidi”(2). Nel solo 2021 in Italia sono state uccise 59 donne,
un numero di poco superiore a quello dei 39 uomini, uccisi quell’anno da compagne od ex compagne nell’ambito di una relazione familiare (2).
Cionostante dei “maschicidi” neppure si parla. Quanto alla credenza diffusa che una mamma sia garanzia di sicurezza per la prole ci sono i dati statistici e
criminologici che smentiscono: dal 1970 al 2008 si sono consumati 378 infanticidi (da zero a 6 anni), con la media di circa 10 all’anno e perpetrati nel
90% dalle madri. Infine, chiudo con un dato positivo. A differenza di quanto ci dicono, la realtà è in contrasto con la percezione diffusa dai media. L’Italia è in Europa uno dei paesi più sicuri o meno  pericolosi in assoluto. Per il numero dei “femminicidi” siamo all’ultimo posto in Europa (0,38 ogni 100.000 persone, contro lo 0,6 dell’Austria e dell’Irlanda, l’1% della Spagna e della Danimarca, il 2% del Belgio, il 4,9% della Lituania ed il 5% del Liechtenstein). E il fenomeno è in continuo calo. Chi l’avrebbe mai detto! Per conseguenza della enorme amplificazione da sovraesposizione specifica del fenomeno si è indotto un certo panico ed il sospetto generalizzato che il rischio sia insito nell'uomo in genere per sua natura. Prova ne sia che qualche pseudo-maschio dice che si vergogna di essere maschio. Se si vuole diffondere la credenza della “fluidità di genere”, al fine di non ingenerare confusione bisognerebbe spiegare che essere maschio o femmina non è tanto correlato al sesso fisico, come si fa alla nascita, quanto al possesso di qualificazioni “metafisiche”, distinte secondo polarità alchemica e possedute in percentuale varia nei due sessi. Fermo restando che oggi tutto è possibile e rispettabile, purchè non si cerchi di far passare per normale qualcosa che non lo è.
Dovremmo piuttosto, se vogliamo veramente parlare del fenomeno “omicidio nella coppia” iniziare a capire cosa si nasconde, cosa si muove all'interno della
relazione di coppia. Ove si instaura una relazione fra i sessi si devono considerare dinamiche di forze magnetiche trascendenti, avvertite emotivamente
come senso dell'esistenza. Un archetipo presente nell'inconscio maschile è “il senso che nella donna si ha la vita, che in lei è la propria vita in senso
superiore”......per cui “nell'amore abbastanza intenso è naturale che si associ un bisogno di eternizzazione e un bisogno di un sempre...... affinché il bisogno
di autoconferma (nell'uomo, N.d.A.) e la rimozione della privazione esistenziale” duri per sempre. Ne consegue che, quando la donna interrompe
l'unione “ si può capire che allora l'amore si converta in odio, che il sentimento della propria distruzione spinga selvaggiamente anche alla distruzione di chi ne è stato la causa con l'assassinio” (3). Il che non può mai essere una giustificazione né un attenuante, ma una necessaria conoscenza delle forze
primordiali in gioco. I sessi si cercano per un intreccio di forze magnetiche ed alchemiche. La prima è l'esigenza tassativa del Bios di eternità, proprio del
livello animale della specie, tramite la riproduzione. La seconda è l'estasi mistica orgasmica (transitoria) indissolubilmente legata alla prima, in cui si
prefigura l'archetipo della ricomposizione dell'Unità perduta del mito dell'Androgino (4). Su questo sfondo si svolge l'esperienza della coppia, che erroneamente confonde con l'amore. Funziona così per tutti gli umani, in qualsiasi parte del mondo, cultura, livello e scolarizzazione, ma non tutti posseggono gli strumenti superiori del dominio della coscienza. L’assassinio per mano del fidanzato, marito o ex marito della propria donna rappresenta sempre l’atto più basso e miserabile, il fallimento completo della natura essenziale dell’essere maschile cui, antropologicamente, è sempre stato attribuito il ruolo di nutrire e proteggere la compagna-moglie e la famiglia costruita con ella da un eventuale pericolo esterno. Ciò sarebbe già sufficiente prova che questi tragici eventi non sono compiuti da veri uomini, intendo con ciò dire da persone che hanno perduto, temporaneamente o definitivamente ove mai l’avessero posseduta, la qualità fondamentale maschile. Questa è definita generalmente come virilità, il cui significato ha poco a che vedere con la capacità di sostenere un rapporto sessuale attivo, quanto con il potere di dominio volitivo sulla propria sfera emotiva. Il controllo delle pulsioni emergenti dal sottofondo psichico subconscio sarebbe proprietà caratteristica maschile, che, da un punto di vista polare, non può essere considerata un’esclusiva degli uomini. Ognuno di noi, uomo e donna, possiede qualità
maschili e femminili in percentuale proporzionale al proprio sesso fisico e psichico, in condizioni di normalità. Quindi anche le donne che commettono
maschicidio tradiscono le prerogative della virilità posseduta. Ed è proprio questo fenomeno del femminicidio e maschicidio, che poi sono omicidi, una
delle conseguenze evidenti della perdita di controllo che la coscienza vigile dovrebbe esercitare su emozioni e sentimenti deviati. Se la donna è stata ridotta
a puro oggetto di piacere, mero corpo fisico sinuoso e provocante che essa stessa tende a gestire e valorizare volentieri in vista di traguardi assai pratici e
materiali, se i giovani e meno giovani maschi moderni si nutrono di immagini e video di sesso pornografico (offerto a tutti gratis), atletico e superdotato, dove
tutto è finto, dalle erezioni eterne agli orgasmi vocali, dove la donna è sempre e solo oggetto, quali conseguenze ci dovremmo attendere? Che obiettivi si
prefigge di raggiungere l'élite padrona del “mainstream” che finanzia lo schifo in generale? Se le cose stanno così nessun inasprimento delle pene può
funzionare, né la educazione civica ai sentimenti impartita a soggetti teleguidati dal sistema di Matrix. Piuttosto educhiamo alla conoscenza di questo strumento
di controllo.
 
BIBLIOGRAFIA
1 - Radford, J., Russell, D. : “Feminicide. The Politics of Woman Killing”. Ed.
1992
e-maschicidi-che-smontano-la-teoria-sul-patriarcato/
3 - Evola, J.: “ Metafisica del sesso”. Ed. Mediterranee 1996
4 – Platone, Simposio
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