"Il fascismo ha fatto anche cose buone". “Un operaio comunista, il 23enne Domenico Martoni, venne catturato di notte in casa, bastonato, legato ad un camion e trascinato per le vie della città. Poi gli orinano in bocca, gli sparano e lo abbandonano agonizzante. Martoni, e quel che ne resta, muore la mattina del primo ottobre all’ospedale di Forlì”.
A leggere il libro di Cazzullo, Mussolini il capobanda, (Edito da Mondadori) non resta altro che inorridire. Il 20 settembre del ’22 il duce parla a Udine e fa un’apologia dei reati commessi ogni giorno dai suoi: ”E vengo alla violenza. La violenza non è immorale. La violenza è qualche volta morale…la violenza è risolutiva, perché alla fine del luglio e di agosto in quarantotto ore di violenza sistematica e guerriera abbiamo ottenuto quello che non avremmo ottenuto in quarantotto anni di prediche e di propaganda. Quindi quando la nostra violenza è risolutiva di una situazione cancrenosa, è moralissima, è sacrosanta, è necessaria”.
Prima del ’38 Mussolini aveva provocato la morte di centinaia di oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza – non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici – facendo centinaia di vittime. “A volte si spara per uccidere. Altre volte si picchia per intimidire: come Paolo Gori che era di Pistoia", un contadino come il consigliere Pierpaolo Giuri che è di Casapound e, se non sbaglio, fa il vignaiolo. "Gori fu bastonato dalle squadracce fasciste sino a perdere l’uso delle gambe e del braccio destro".
"Il 13 maggio del ’21 viene ucciso Eriberto Ramella Germanin, socialista, consigliere provinciale in quel di Biella, ad aggredirlo in dodici contro uno. Paolo Pelù, 21 anni, studente di Massa Carrara, viene ucciso a colpi di forcone e di accetta ( Il suo pronipote Piero Pelù, leader dei Litfiba ne racconterà la sua storia nella sua autobiografia “Spacca l’infinito”)".
Scrive Gobetti: ”Ne’ Mussolini né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi”. "Noi italiani - scrive Cazzullo - ci siamo autoassolti da tutto questo, dall'aver inventato un'idea - il fascismo - esportata in mezzo mondo, che ovunque sia andata al potere (...) ha significato carcere, polizia politica, soppressione degli oppositori, razzismo, xenofobia, predomio dell'uomo sulla donna. Il reato di apologia del fascismo è introdotto per la prima volta con la legge 20 giugno 1952, n. 645: la c.d. “legge Scelba” da Mario Scelba, primo firmatario della proposta.
Accanto allo scopo di punire la riorganizzazione del “disciolto partito fascista”, la legge sanziona ogni tipo di esaltazione di principi, metodi e fatti del fascismo, quindi chiunque tramite associazioni o partiti adotti tali comportamenti. Ricordare, ad esempio, in un’adunanza pubblica tal Ramelli e commemorare il poveretto con il saluto fascista non equivale forse a contravvenire a tale legge? A mio avviso in maniera plateale.
Ecco perché occorrerebbe che figure che ricoprono rilevanti ruoli istituzionali evitassero di accompagnarsi a nostalgici del ventennio o a loro amici. Evitassero accordi e sostegni di qualsivoglia misura. Soprattutto se appartengono o dicono di appartenere ad altra parte politica. Per mutuare quanto hanno scritto i promotori del presidio anti-fascista promosso a Nardò contro Casapound, il Neofascismo è la “Bestia” che ritorna. Se è reato è altrettanto legittimo, anzi sacrosanto, attendersi dai giudici che la legge sia finalmente applicata.
Non c’è spazio per “ideali” inconciliabili con i valori della Costituzione, patto fondativo della vita della nostra Repubblica nata dalla Resistenza. Il fascismo non è un’opinione: è un crimine (Giacomo Matteotti).
Marco Marinaci