Sgarbi:“Cercate i tesori nascosti che la vostra terra vi offre"

Ama la Puglia e ci tornerà il prima possibile. Nel corso del suo spettacolo dedicato alla forza evocativa della parola, Vittorio Sgarbi ha lanciato un appello: “Cercate i tesori nascosti che le vostre terre offrono, sentite l’unicità delle meraviglie e vivete il loro spirito, avvertite quelle presenze nella vostra coscienza".

"Senza entusiasmo e senza passione non c’è vita e la vita senza l’amore per l’arte è morte”. E così ci si potrà lasciar sorprendere dalla bellezza di un Pordenone (artista originario di Pordenone) a Gallipoli, un Finoglio a Conversano e un Niccolò dell’Arca (originario di Bari) a Bologna. Luci basse, un leggio e il critico d’arte più famoso d’Italia (Nella foto di Aristide Mazzarella) ha fagocitato l’attenzione di una platea avida delle sue argomentazioni nel teatro Ducale di Cavallino. La sua proverbiale indole polemica non è comparsa in alcun modo, tanto era intento a sollecitare le emozioni dei presenti attraverso incursioni nel mondo dell’arte.

Per l’esordio, Sgarbi ha scelto l’attualità di un poeta vissuto nel ‘300 che nel canto XVI del Paradiso affida a Chiusi e Senigallia la questione della brevità della vita che impedisce di assaporare gli epocali passaggi di cui si è in qualche modo testimoni. “Quando la parola è efficace evoca immagini che allargano i sensi dall’udito alla vista in un empito lirico che soppianta la necessità di vedere per comprendere”.

Il metodo scelto negli anni da Sgarbi è quello critico-narrativo-descrittivo, secondo cui la parola è ambasciatrice di una valenza comunicativa disarmante che lascia trasparire i gesti, la passione, la fantasia. “Con le parole – ha chiosato – occorre far sentire la carne e l’anima dell’opera d’arte. Bisogna saper cogliere il senso della storia che ci consente di vivere senza che il tempo sia mutato. E l’opera d’arte presuppone un pellegrinaggio, il viaggio nella sua liturgia, il delirio e il piacere di raggiungerla perché la si possa ammirare”.

E se gli studiosi hanno coniato la sindrome di Stendhal per identificare quell’affezione psicosomatica che colpisce chi, al cospetto di opere d’arte, è preso da tachicardia e allucinazioni, Vittorio Sgarbi, dinanzi alla magnificenza delle opere d’arte viene colto da sentimenti di rabbia, perché “queste creazioni sono nostre contemporanee, trascendono il tempo, sopravvivono a tutto e tutti”.

La sindrome della Gioconda forse, si potrebbe suggerire. La Gioconda, quell’opera tra le più famose al mondo, che per essere raggiunta e ammirata ad una distanza ravvicinata, richiede pazienza perché si possano superare gli ostacoli che tra l’osservatore ed essa si frappongono, prima di poterne essere inevitabilmente sopraffatti. “La vita che partecipa del rito della conoscenza dell’arte attraverso il viaggio”. La commistione del tempo che corrode tutto, tranne l’arte. E la bellezza salverà il mondo. 

 

A cura di Federica Marangio

0
0
0
s2sdefault

ADV

salento magazine

I più letti