Rodin, Sgarbi e Bidibibodibibu e... il tempietto dell'Osanna non c'è più

C’è una scultura di Auguste Rodin, “Il pensatore”, che rappresenta, un tema che appassionava molto il suo creatore: la Divina Commedia. Il pensatore Rodin, infatti, costituisce, semplicemente, la rappresentazione di Dante Alighieri, autore del già citato capolavoro letterario.

Questo capolavoro di Rodin, nello specifico, rappresenta Dante davanti alle porte dell’Inferno, colto nel momento in cui sta riflettendo, prima di realizzare il suo lungo viaggio e la leggendaria opera a proposito di questo, che lo rese famoso. Se cito Rodin e anche l’inferno non è, ovviamente, a caso.

Leggo con attenzione le rarissime sortite dei consiglieri di Andare Oltre (ma non si sa mai dove) e cerco di cogliere, ogni santa volta, uno spunto degno di nota, un guaito, un vagito, un ruggito, uno straccio di osservazione degna di senso logico, di solito desisto per la drammatica povertà, essenzialmente sul piano del pensiero e del linguaggio, per via delle uscite spesso farsesche e tragicomiche. Ma questa volta è accaduto qualcosa che mi ha fatto cambiare idea.

Le magnifiche progressive e insistite uscite sull’arte questa volta mi hanno davvero colpito. Folgorato sulla via di Damasco. E poi un consigliere comunale che cita Fromm e Munari non si era mai visto, a ben guardare ma neanche ai tempi di Vaglio o di Risi. Ed è di per sé già questo una sorta di miracolo, se poi a citarlo è un consigliere di Andare Oltre beh allora che dire? Bingo!

Mi sono sentito quasi immerso nell’opera densa di mistero e sapiente uso della luce in cui il Caravaggio dipinge l’istante in cui Cristo sta effettuando la chiamata di Matteo per fargli abbandonare la sua attuale vita e convertirlo in un suo apostolo. E’ come sentirsi avvolti in un fascio di luce, uno sperduto pastorello dinanzi a passate ma sempre celestiali e inaspettate apparizioni.

Ora. Dinanzi ai celebratissimi manufatti artistici che sono stati letteralmente imposti e non sono il frutto rigoglioso e indispensabile di un democratico e condiviso concorso di idee, senza scendere nel dettaglio dei costi (che per altro non sono stati ancora resi noti) e farsi prendere dalla sciatteria del pensiero collegato al vil metallo mi soffermerei non tanto sul piano estetico né sulle opere che il nostro esalta neanche si trovasse dinanzi (Glielo auguro vivamente) al nuovo Auguste Rodin, quanto sulla evidente e infelice collocazione delle stesse.

Le opere pur essendo interessanti hanno infatti una collocazione che definire disastrosa è un eufemismo, pare quasi di non utilizzare le parole giuste. Il gigantesco mascherone collocato alla fine della “villa”, ad esempio, ha distrutto visivamente il tempietto dell’Osanna, occultandone oltretutto l’indubbio valore estetico, e pare – mutuando le parole di chi mi ha fatto tale confidenza – quasi un prepotente modo di confrontarsi, lo stesso ragionamento si potrebbe fare per il cubo di fronte alla Cappella, collocato sempre a pochi metri dall’Osanna. E’ evidentemente fuori posto. Eppure l’arredo urbano è indubbiamente qualcosa di serio. Che cambia il volto di una Città. Ci si augura il più provvisoriamente possibile.

Probabilmente dunque i capolavori andavano collocati da qualche altra parte, con buona pace del consigliere che si balocca con l’arte, che probabilmente si crede una sorta di novello Sgarbi e avverte l’impeto tumultuoso di chi vuole, a tutti i costi, far dissetare alla preziosa fonte della conoscenza dell’arte e della bellezza chi, in tanti casi l’arte e la bellezza, la conosce sicuramente più di lui. Oltretutto vorrei ricordare al mecenate de’ noantri che ciò che viene imposto rischia di apparire ai più come un miserabile atto di protervia, e sicuramente è ben lontano dai miei ma anche dai suoi pensieri.

Gli artisti, come lei sicuramente saprà, vanno sostenuti e valorizzati tutti offrendo agli stessi, e nella nostra Città non mancano fulgidi esempi,  sempre e rigorosamente uguali opportunità. Uguale grado di appassionata cura e attenzione.

Un modo di confrontarsi ed una sensibilità che non finisca per evocare, viceversa, quello che sicuramente né lei né io vorremmo mai. Fare apparire la politica come una sorta di improbabile e maccheronica emulazione in trentaduesimi di chi attuava qualche tempo fa una dispotica fascistizzazione dell’arte.

“Insieme ai murales” scrive anche il vice di Andare Oltre “queste creature in acciaio stanno offrendo a noi neretini anche l’occasione per confrontarci sul senso dell’estetica e sull’importanza che l’arte può assumere nella vita di ogni giorno”. Francamente non se ne sentiva la mancanza. A questo punto non ci resta altro che auspicare che al consigliere esperto d’arte non capiti quello che successe al grande scultore Pigmalione che si innamorò perdutamente della statua che realizzò al punto tale che la dea Afrodite si impietosì trasformando la statua in una bella donna in carne ed ossa.

 

Marco Marinaci

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