Due casi di Covid tra gli operatori del Pronto soccorso di Lecce. La Fp-Cgil Lecce chiede l’immediato trasferimento al Dea. Il sindacato: “Condizioni di lavoro pericolose per la salute di operatori e pazienti”

Lecce – “Il trasferimento del Pronto soccorso al Dea è urgente”. La Fp-Cgil Lecce torna a chiedere l’effettiva apertura, al di là delle numerose inaugurazioni, del Dipartimento emergenza accettazione dell’ospedale (Dea) “Fazzi” di Lecce.

 

Dopo i casi di Covid registrati nelle ultime ore al Pronto soccorso di Lecce, il segretario provinciale della Fp-Cgil Lecce, Floriano Polimeno, chiede maggiore attenzione alla Asl ed alla Regione Puglia: “Non riusciamo a comprendere i motivi alla base del ritardo nell’inaugurazione effettiva della nuova struttura. Eppure è arcinoto come l’attuale sede del pronto soccorso sia inadeguata, perché non garantisce dal punto di vista logistico percorsi garantiti per i casi di Covid”. Il percorso unificato in effetti presenta diversi problemi, specie per la presenza nei corridoi, anche per diversi giorni, di lettighe che ospitano pazienti positivi.

Sabato notte un’infermiera è risultata positiva al Covid. Durante il turno ha avvertito sintomi tipici. Il responso del tampone ha allarmato tutti i suoi colleghi, che nella giornata di domenica si sono sottoposti anch’essi a tampone: purtroppo anche un altro operatore è risultato positivo. Non è dato sapere da quanto tempo avessero contratto il virus, eppure molti lavoratori puntano il dito sulle condizioni in cui sono costretti ad operare, con pazienti Covid che hanno sostato a lungo in pronto soccorso: “L’astanteria da 12 posti è piena ed i pazienti purtroppo sostano per giorni in fila nei corridoi. Tra l’altro spesso è difficile controllare l’accesso dei parenti nella struttura. La preoccupazione degli operatori è di lavorare in un ambiente a rischio contagio, per loro e per i pazienti. Purtroppo oltre al Covid devono combattere anche contro burocrazia e logistica”, spiega Polimeno.

“Il Pronto soccorso del Fazzi inoltre deve fare i conti con la carenza del personale. La quarta ondata impone di prendere decisioni che sono a portata di mano: potenziamento dell’organico, una nuova struttura, una nuova organizzazione della presa in carico dei pazienti positivi al Covid. E soprattutto occorre un monitoraggio serio ed approfondito degli operatori venuti in contatto con pazienti e colleghi positivi. Il virus ha un periodo di incubazione molto variabile: rimettere al lavoro un operatore risultato negativo al primo tampone sarebbe troppo rischioso. Adeguare il Pronto soccorso garantirebbe di sicuro un minor rischio di contagio nel resto della struttura ospedaliera. Invece spesso assistiamo a contagi evitabilissimi, negli ambulatori e nei reparti verso i quali vengono dirottati i pazienti del pronto soccorso”.

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